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"Vecchiaia" di Umberto Broccoli
Cara mia vecchia Europa, la vecchiaia.
Dicevano gli antichi: Senectus ipsa morbus est, la vecchiaia è in sé una malattia. E come dar loro torto. Ed è una malattia ben più grave se non la si accetta, se si tenat una reazione scomposta, se si vuole opporre un argine alla vecchiaia, fenomeno in sé antico per definizione. E, allora, per fare fronte alla senectus, si alzano dighe di silicone, argini di botulino, interventi mirati di bisturi. Eppure basterebbe prenderne atto, mia cara vecchia Europa
Basterebbe prendere atto della natura propone e delle sue stagioni. È così per il paesaggio, è così per le giornate, è così per l’ uomo. Lo so: è banale. Mi rendo conto: è un luogo comune. Ma è un fatto contro il quale è inutile combattere. È così e basta, mia cara veccia Europa. Vecchia, appunto. Ma non per questo meno splendente di storia, tradizioni, saggezza, esperienza.
È così: dalla primavera della nascita e della gioventù, si viaggia verso l’ estate della vita. Con la forza, con il vigore, con la voglia di produrre frutti, in tutti i campi: nel lavoro, nella vita quotidiana. Nell’ estate della vita, l’ uomo si riproduce, genera figli, si impegna sul lavoro, cerca di ottenere il massimo dei risultati. Poi, arrivano l’ autunno e l’ inverno, mia cara vecchia Europa. E si guarda indietro, con nostalgia, alle due stagioni precedenti. Si ricorda poco dell’ inizio della primavera, ma torna sempre di più alla memoria il ricordo dei giorni caldi dell’ estate della vita.
A questo punto, la primavera ti sembra lontana, lontanissima. E non è possibile richiamare alla memoria il suo inizio, mia cara vecchia Europa. Non si distinguono i colori dell’ inizio della primavera, così come sono sbiaditi i colori successivi. Prendono un corpo differente: più nitidi, più chiari. Quei colori dell’ estate dell’ uomo riaffiorano potenti e si sovrappongono a quelli dell’ autunno e dell’ inverno. Mia cara vecchia Europa:  capita di vedere esplodere quei colori antichi nei pensieri. Rigogliosi, forti, intensi, offuscano i grigiori contemporanei.
Mia cara veccia Europa: non è rassegnazione, ma consapevolezza. Consapevolezza nel guardare e vedere l’ autunno, rendendosi conto del tempo passato, magari sottolineato da una fotografia di ieri in cui sono manifesti forza e vigore.
Là, mia cara vecchia Europa, appariva il colore dell’ estate, tanto più contraddittorio se confrontato all’ attualità di un autunno al volgere dell’ inverno.
Bisogna prenderne atto, mia cara vecchia Europa. Bisogna essere consapevoli che –diversamente dalla natura- non si potrà ricominciare da capo. Non ci sarà un altro anno in cui scoprire un’ altra primavera.