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"La tragedia" di Umberto Broccoli

Cara mia vecchia Europa, la tragedia.
Questo è il paradosso: Il mondo greco ha saputo osservare la vita quotidiana, tra commedia e tragedia. Ha saputo rappresentare i drammi del vivere, descrivendone situazioni e contenuti. Ha raccontato le angosce, le situazioni familiari complesse. Con un termine antico, forse lo si faceva a scopo apotropaico: cioè se ne parlava per tenere lontano il problema. Si rappresentavano i drammi, facendo in modo che finissero in commedie, mia cara vecchia Europa. Un bell’ insegnamento dalla notte dei tempi: tentare di esorcizzare la tragedia, rapprsentandola e –tutto sommato- immaginare di poterne trasformare i contenuti in commedia, in una farsa. Oggi l’ attualità ci ha abituati ad altro, mia cara vecchia Europa.
Oggi la farsa ci circonda. Oggi si rischia l’ inverso: c’ è il rischio concreto di vivere quotidianamente una commedia con la possibilità forte di vederla mutare in tragedia. Mia cara vecchia Europa: non è forse una mutazione aver visto armarsi ragazzi e sparare contro altri ragazzi? E non è un fatto legato al nuovo continente, mia cara vecchia Europa, vecchio continente. Non dimentichiamoci del giovane folle Brejvik e delle fucilate contro altrettanti giovani viventi, vissuti in una nazione apparentemente lontana dalla tragedia.

Non è commedia il ballo dei veti, dei dinieghi, delle dichiarazioni politiche rivali, tutto derivato da contrasti fra uomini, con il rischio di spedire altri uomini nella tragedia delle domande senza risposta? Ecco il punto, mia cara vecchia Europa. La Grecia di duemilacinquecento anni fa era impaurita dalla contraddizioni dell’ uomo, sempre pronto a inginocchiarsi nei confronti della pace, per armarsi nelle più inutili delle guerre. I greci di ieri immaginavano il germe della violenza fin nel primo nucleo della società, fin nella famiglia. E, a quel punto, non coprivano con un velo, non tentavano di mascherare: ma scoprivano tutto. Perché la verità è e deve essere nuda, come Giocasta. Anche se nuda è senza dubbio più spaventosa.
Mia cara vecchia Europa: del resto, la vita è una somma di complessità. E’ il risultato di tante tracce, la sommatoria di tanti problemi. E Anacreonte pregava al divinità perché facesse ricordare all’ uomo la sua superiorità al mondo animale, perché ponesse l’ essere umano come persona e non come avversario. L’ uomo forte non è feroce. L’ uomo è tanto più forte, quanto sa essere clemente. Quanto più l’ uomo è debole, tanto più ostenta ferocia. Non è così, mia cara vecchia Europa?
Caro diario
Mia cara vecchia Europa: quasi per tenere lontana dalla vita quotidiana, non si parla di tragedia. E si finge una serenità: non si discute, tutto va bene, non ci si odia. È finzione, è ipocrisia.
Anche nei rapporti più stretti, l’ uomo finge. E, la tragedia è latente. È latente in famiglia, è latente nei rapporti interpersonali. E si manifesta quando e mentre meno te lo aspetti. I greci di ieri lo sapevano, mia cara vecchia Europa: da loro abbiamo imparato la tragedia. Limitiamola, come ieri, al palcoscenico con le maschere senza espressione sui volti degli attori.