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Architettura fascista non fascista

in onda domenica 17 marzo 2013 alle 13.25

In questa puntata Passepartout effettua una ricognizione sull’architettura che ha contrassegnato gli anni del fascismo, ma non solo. Luoghi comuni per luoghi comunemente etichettati come espressioni di architettura fascista. Daverio si chiede se esista davvero una specificità architettonica che delinei gli anni del fascismo o si tratti invece di un retaggio culturale determinatosi negli anni successivi a quel periodo, in cui si è preferito indicare l’epoca del regime come parentesi storica. In effetti certe espressioni architettoniche che noi definiamo fasciste sono presenti anche in altre situazioni, per nulla inclini al totalitarismo e sorrette invece da solide istituzioni democratiche.

È il caso degli Stati Uniti, dove è clamoroso l’esempio di Washington DC, che ne è la capitale politica. Alcuni edifici, realizzati tra gli anni ’30 e ’40, presentano le medesime caratteristiche di quelli italiani, con quella stessa declinazione di neoclassicismo a confronto con le istanze razionaliste. Questo connubio di forme, contenuti, funzioni e simboli architettonici è presente per esempio nel palazzo della Federal Reserve, nel Jefferson Memorial, nel Palazzo di Giustizia che addirittura esibisce un fascio littorio a protezione del lavoro dei magistrati.

Stessa situazione a Parigi, con Palais de Tokio del 1936-37 o la chiesa degli Ucraini e la Facoltà di Medicina in Rue de Saint Peres dove c’è un’impostazione molto affine a questi tipi di stilemi, sia nelle forme architettoniche che nella pletora un po’ retorica dei motivi scultorei, in cui il nudo prorompente e muscoloso sembra voler assumere il ruolo di protagonista assoluto. Lo stesso può dirsi anche di altre capitali europee, nelle quali l’influenza di questo stile si può leggere ovunque.

E’ probabile che la sua origine provenga proprio dall’Italia, ma in anni antecedenti al fascismo. L’edificazione del Vittoriano e del Ponte Vittorio Emanuele II, dove si manifestano in modo evidente i primi segni concreti di questo stile, furono infatti approntate per il 1911 in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia. La loro gestazione risale però agli anni ’80 dell’Ottocento. Probabilmente questo ennesimo rigurgito neoclassico, come nei casi precedenti del Rinascimento e del Settecento, è dovuto all’effetto dirompente di nuove scoperte archeologiche, in questo caso quelle avvenute ad Olimpia nel 1875.

In questi ritrovamenti ebbero una fortissima eco soprattutto quelli delle metope del tempio dove apparvero raffigurazioni di greci antichi molto più forzuti di quelli abituali, dall’aspetto più battagliero e con le mascelle tonde. La diffusione di queste immagini produsse un cambiamento generalizzato nel gusto delle accademie e il suo primo riflesso effettivo su larga scala avvenne proprio a Roma con le opere e i monumenti eretti per le celebrazioni del 1911.

Il successivo passaggio all’interno dell’estetica fascista avvenne così in modo naturale, non solo perché tutto stava accadendo a Roma, ma anche perché lo stesso Mussolini incarnava perfettamente nella sua fisicità quel prototipo di battagliero muscoloso con la mascella volitiva, quasi un mito pop realizzato, un po’ come gli eroi dei fumetti di quei tempi, Dick Tracy e Superman. Ciò lo portò ad amare l’architettura, diffondendo un po’ ovunque per l’Italia il nuovo stile neoclassico. Il Foro Italico, l’Eur, piazza Augusto Imperatore, palazzi, opere, sventramenti vari a Roma, così come a Milano, per esempio Piazza San Babila, Piazza Affari o il Palazzo di Giustizia, con una generazione di architetti quali Portaluppi, Del Debbio, Terragni, Piacentini, Ponti, Lancia, Libera, Figini, Pollini, capaci di imporre la loro lezione anche ai colleghi di altri paesi del mondo.

Trattasi quindi di architettura fascista o di un nuovo stile neoclassico dal respiro internazionale?

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