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Kindergarten

Management Del Dolore Post Operatorio, Mustache Prawn, Muffx, Low frequency Club e altri...

Kindergarten del 12 ottobre 2012


MANAGEMENT DEL DOLORE POSTOPERATORIO - AUFF!! (Martalabel)

Auff!! è il secondo disco degli abruzzesi Management del dolore post-operatorio, che si muovono tra il funky e il garage, in linea con band di successo come i Franz Ferdinand, ma guardano soprattutto alla tradizione punk italiana, quella dei grandi CCCP (già si capisce dal titolo di una canzone come “Amore borghese”). Tra piacevoli riff di chitarra e citazioni di Baudelaire, Edgar Allan Poe e Majakosvskij, i Management mettono a segno un paio di buone canzoni  (“Norman”, “Irreversibile”), all'interno di un album che riesce a mantenere una qualità media alta e anche a confrontarsi con la scrittura dei testi in italiano in maniera non troppo scontata. GB

 

MUSTACHE PRAWN – BISQUITS (Piccola Bottega Popolare)

Attaccano con un pezzo, “Oil”, che ricorda i Red Hot Chili Peppers, con un di riff di chitarra memore del buon John Frusciante i Mustache Prawn. “Biscuits” è il debutto del trio pugliese. Il riferimento ai RHCP sfuma però presto in un chiaro debito verso gruppi come Strokes e Arctic Monkeys (“Penguins or Igloo”), con tanto di voce del cantante (Leonardo Osturi) che spesso ricorda quella di Alex Turner. Il risultato è piuttosto originale e genuino, con ottime canzoni come “Aeroplane”. Non tutto l'album è però altrettanto coinvolgente: specialmente la seconda parte alle volte è un po' monotona. Ma è comunque un ottimo inizio. GB

 

MUFFX – EPOQUE (Goodfellas)

Terzo album dei salentini Muffx, “Epoque” è un interessante mix di generi apparentemente distanti: lo stoner rock alla Queen of the Stone Age e il folk della loro zona (ed infatti le parti di tromba in “Il mercante di croci”, “Epoque” e “Prega” sono del trombettista Cesare Dell'Anna), assoli di chitarra psichedelici e momenti di puro hard rock. Contaminazione riuscita e veramente interessante in pezzi come, appunto, “Epoque”, o anche in canzoni più tradizionalmente rock come “La sagra del diavolo pt.2”. Vale senz'altro la pena di seguirli, se non altro perché riescono a ritagliarsi uno spazio originale nel panorama italiano. GB

 

LOW FREQUENCY CLUB – MISSION (Foolica Records)

“Mission”, secondo album dei bresciani Low Frequency Club, dopo West Coast del 2010 continua il loro percorso nell'elettronica. Il gruppo trae la propria ispirazione per questo lavoro da gruppi elettro/dance stile Daft Punk e soprattutto Chemical Brothers (“Burn in Hell”, l'intro di “Buried Animals”, che potrebbe tranquillamente essere una creazione del duo inglese).  A tratti è anche evocato quell'elettro-rock che attualmente ha fatto il successo di una band come i Kasabian. Il risultato finale è buono e di quando in quando anche trascinante, anche se i Low Frequency Club hanno bisogno di un tratto un po' più distintivo per affermarsi come meritano. GB

 

LOVESPOON – LOVESPOON (Autoprodotto)

I Lovespoon dimostrano un grande amore per il folk-rock anni '70, con tanti momenti blues, in un recupero molto vintage dei fasti del passato che passa per la mediazione di band più recenti che indicano la strada, Wilco su tutti. L'amore è sincero, mai artefatto, e si sente. Ci sono poi canzoni come “Morgan Le Fay” e “Naked for You” che sono davvero non male, ma al quartetto di Ravenna (che esordisce proprio con questo album auto-intitolato) manca ancora la scintilla che renda la loro dedizione agli anni d'oro qualcosa di più di un timido omaggio. Le cartucce però sembrano esserci. GB

 

MISERO SPETTACOLO – L'INCONCEPIBILE (Zetafactory)

Certe canzoni sembra di averle già sentite. A volte potrebbe anche essere un complimento: è come se fossero sempre state lì. Ma alle volte purtroppo è semplicemente l'attestato dell'assenza di originalità o guizzo di vita. “L'inconcepibile” dei bolognesi “Misero Spettacolo”, progetto del cantautore Beppe Tranquillino, ha una certa inclinazione per quelle melodie in salsa rock molto orecchiabili, facili facili, che danno sempre quell'impressione di già sentito, rassicurante. Altre volte il riferimento è il folk made in Italy, anche nei testi politicamente impegnati (“Patetiche abitudini”) o in dialetto (“La druda e il soldato”).

 

HERSELF – HERSELF (Deambula Records)

Quarto album di Gioele Valenti, alla voce e tutti gli strumenti (ad eccezione del basso e violoncello di Aldo Ammirata), Herself  è fondamentalmente di ispirazione folk. Un lavoro minimale, fatto di chitarra e voce con qualche incursione di violoncello, ma che qualche volta attinge ad ispirazioni diverse. In “Something in this House”, ad esempio, sono gli Smashing Pumpkins più introspettivi di “Mellon Collie” ad essere evocati, tanto che la stessa voce di Gioele Valenti ricorda, anche troppo, quella di Billy Corgan.  GB

 

SURGERY – RESET (Altipiani)

Forse alcuni non sono proprio tagliati per l'industrial/hardcore. E forse, per non essere tacciati di “nonnabelardismo”, dovrebbero astenersi dal giudicare chi lo pratica. Ma una brutta imitazione delle urla del Marilyn Manson vecchia scuola su una base da techno-rave spinto? No, grazie. GB

 

MADAME X – DIVE CATTIVE (Ponderosa)

L'impresa è abbastanza particolare: fare una sorta di concept album ispirato alle figure di dark lady e non solo del cinema italiano vintage di serie b (un cinema che da quando è stato sdoganato da Tarantino fa tanto cool vedere) e di conseguenza ai compositori che ne furono protagonisti (Morricone, Riz Ortolani ecc.). Ma ci sono anche Truffaut (“La sposa in nero”), Peter Weir (“Vergini di luce”, ispirata a “Picnic a Hanging Rock”) e Jodorowski (“Danza macabra”). Il tutto registrato con strumenti d'epoca. Tutto bello, tutto giusto. E alcune canzoni, come “La sposa in nero”, sono assai gradevoli. Ma nel complesso, musicalmente , forse i Madame X non sono all'altezza del raffinato gioco citazionistico cinematografico. GB

 

A STARE BENE – IL GENERALE/MARKONE/DJ AFGHAN (Goodfellas)

Dividendosi equamente le tracce, Stefano Bettini (in arte Il Generale, storica figura ska-reggae fiorentina) e MarkOne, entrambi, realizzano questo album in collaborazione con altri “guest” musicisti e con le basi di Dj Afghan. L'ambito è quello del raggamuffin più classico: per amanti del genere. Qua e là qualche incursione nel rap - è il caso del contributo di Papa Massi in “In Guerra” - ma altrimenti raramente di devia dal filone  (spaghetti) reggae più integrale. Tra testi pro-ganja e anti-crisi, Il Generale e MarkOne si muovono a loro agio in questo genere musicale. GB

 

SIMONE TILLI – GUALTY VOL. 1 (Autoprodotto)

Il progetto solista del fiorentino Simone Tilli, già voce e tromba dei Deadburger, è un susseguirsi di tracce molto dark, con base elettronica e vocalizzi sussurrati e un po' parlati dall'oltretomba. Unico momento di respiro e incursione in un più classico cantautorato rock è la canzone “Be Folky”, realizzata con Andrea Appino degli Zen Circus alla chitarra. Buone intuizioni, bella atmosfera. GB

 

ELETTROFANDANGO – ACHAB (Blinde Proteus)

Seguito di “In quanto già peccato”, questo EP degli Elettrofandango, tra suggestioni bibliche e altri riferimenti altisonanti (già nel titolo stesso) attacca con un pezzo in stile Rammstein - “Achab” - e continua tra l'elettronica, il noise e momenti nu-metal con vocalizzi che ricordano i System of a Down e i Korn pre-svolta dubstep. La qualità del suono – deliberatamente sporco? - lascia molto a desiderare, né l'album nella sua interezza suscita grandi emozioni. GB

 

GARDEN OF ALIBIS – COLOURS (Hertz Brigades Records)

L'album d'esordio dei torinesi Garden of Alibis si pone sulla fortunata scia dei gruppi indie-rock inglesi contemporanei: The Horrors, Two Door Cinema Club e Vaccines (per dirne alcuni), con una vena elettronica come quella che contraddistingue i Kasabian, presente in molto pezzi dei GOA a partire dalla prima traccia“Wicayo”. L'operazione è ben riuscita, variegata e con momenti particolarmente felici (“Colour”, ad esempio). Unico problema è che dopo un po' il disco perde smalto e diventa un po' noioso. GB


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