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Home Sweet Home

in onda domenica 10 marzo 2013 alle 13.25

In genere quando si trattano temi architettonici le questioni urbanistiche hanno il sopravvento, e alle singole case si assegna un ruolo secondario di semplici elementi di un mosaico più grande. Per una volta Passepartout prova ad immaginare un percorso all’inverso, ponendo l’universo abitativo della casa come perno centrale del racconto di questa settimana.

Si parte da molto lontano, dalla Casa di Augusto al Palatino di Roma, concepita come vero e proprio palazzo amministrativo dell’Impero, per arrivare ad ipotesi abitative di un futuro prossimo venturo. Duemila anni di storia sembrano non aver scalfito di molto il concetto classico di casa. Dal tempo di Augusto al futuro cinematografico alla Blade Runner o digitale sul modello di Second Life, le case sembrano cambiare di pochissimo al contrario delle città che tendiamo ad immaginarci con aspetti più mutanti rispetto al presente.

L’ultima Biennale d’Architettura di Venezia presenta nuove ipotesi di opzioni abitative. A seconda delle latitudini gli esiti sono molto differenti. L’Argentina, per esempio, con i suoi vasti territori propone abitazioni autonome, ognuna con una propria porzione di terreno, vere e proprie soggettività residenziali in cui la privacy può regnare sovrana. Il Belgio che, come l’Italia, ha l’esigenza di condensare le nuove costruzioni in spazi ristretti, ridisegna un avveniristico medioevo, addensando in un’unica abitazione una serie di dimore distinte attraverso un complicato gioco di incastri geometrici, quasi come una sorta di elegante favela progettata.

In realtà non si può proprio fare a meno di immaginare case senza tenere conto dello spazio che le deve contenere. In tal senso si stanno imponendo due tesi suggestive che potrebbero ribaltare nel futuro le nostre attuali concezioni. La prima è quella di Rem Koolhass, che teorizza il Junk Space, uno spazio spazzatura che si costruisce all’interno di meccanismi architettonici infiniti dove tutto può cambiare dall’oggi al domani; la seconda è quella di un formidabile personaggio dal nome di Yona Friedmann, che immagina un futuro anarchico, all’interno del quale la distribuzione degli spazi viene concepita come una sorta di gesto sociale dove ognuno è libero di fare ciò che vuole.

E l’Italia? Dal Padiglione della Biennale giungono pochissime e contraddittorie indicazioni, come se si seguissero ancora indicazioni di dibattiti obsoleti e forse anche un po’ retorici. La realtà è che l’Italia dispone di pochissimo spazio, ma presenta un’infinita varietà di sedimentazioni storiche. L’unica soluzione possibile resta quindi quella di riutilizzare e rivitalizzare l’esistente, sull’esempio di tantissimi esempi come Castel Sant’Angelo a Roma, Ponte Vecchio a Firenze, il Monastero di San Giorgio Maggiore a Venezia.

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