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Un'eredità per il futuro

in onda domenica 14 luglio 2013 alle 13:20

Questa puntata di Passepartout è dedicata al Senegal.

Philippe Daverio si chiede come mai si parla sempre di “mal d’Africa” e espande il suo racconto tra storia e contemporaneità. Andando anche al di là del Senegal, ripercorre gli itinerari di quelle culture e tradizioni africane che hanno profondamente inciso anche sul vissuto del continente americano e di quello europeo.

Prima della fondazione di Dakar, la Francia di Luigi XIV si era già impiantata in Senegal, trovando la sua base in una cittadina di nome Saint Louis, fondata nel 1659 sulla frontiera tra le sabbie del Sahara e la savana. Diventata nel XIX secolo capitale del Senegal e di tutta l’Africa occidentale francese, assunse persino lo status di comune della Francia vera e propria detta d’Oltremare. Il passato coloniale riemerge quasi in ogni angolo di Saint-Louis, con il ponte di ferro di Eiffel, l’ingegnere della torre parigina, modulato in sette arcate, le case e le moschee che risentono dell’influenza francese con una serie di indubbi segni e citazioni art déco.

All’inizio del XX secolo divenne la nuova capitale del Senegal  Dakar, città che era nata da poco e che esprimeva, pur con tutte le sue contraddizioni e contaminazioni stilistiche viste nelle precedenti puntate, il ruolo simbolico di centro della modernità del paese. La vicenda coloniale del Senegal si interrompe con l’’indipendenza conquistata nel 1960, che fa del Senegal una democrazia repubblicana più giovane della nostra di soli dodici anni.

La storia più profonda invece segue il racconto dell’Isola di Gorée, possedimento prima portoghese, poi olandese, quindi francese, ora luogo di memoria proclamato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, meta privilegiata per le visite scolastiche dei ragazzi di Dakar. Oggi quest’isola appare come un posto incantevole e  delizioso, un vero compendio naturale, culturale e architettonico di secoli di storia senegalese. Qui si trova anche la "Maison des Esclaves", la casa degli schiavi, dalla quale sono transitati milioni di africani strappati alla loro terra d'origine per essere portati, fatti schiavi, nelle Americhe. L'isola fu usata per gli imbarchi fino al 1848 anno in cui venne abolita la schiavitù.

Attraversando gli oceani, le tradizioni africane degli schiavi si sono mescolate tra di loro e con quelle cristiane: una testimonianza di questa contaminazione culturale è nell’inquietante mostra “Vodou. Kunst und Kult aus Haiti” presso il Museum Dahelem di Berlino, una stupefacente cosmogonia di zombie, spiriti, maschere grottesche di altissimo valore simbolico.

Dal passato profondissimo al passato coloniale,  fino al presente e al futuro: sempre presso lo stesso museo Museum Dahelem di Berlino, un’altra mostra ci riporta direttamente all’Africa odierna, “Afrika in Berlin”, presentando il volto di un continente immerso in una attualissima contemporaneità,  proiettato verso una nuova idea di futuro, che non vuol però rimuovere e dimenticare le proprie radici, tradizioni ed eredità storiche e culturali.

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