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Vittoria, non Liberazione. Cosa dice il lapsus

gentile dott. Puca,

ho ascoltato sorpresa un'ora fa il  lapsus in cui è lei è incorso  nella conversazone con un ascoltatore che ci voleva leggere il diario del nonno medico al fronte della prima guerrra mondiale.., allorché per interoompere giustamente una lettura che poteva durare.., ha voluto chiudere richiamando la importante deta della liberazione, la grantidutine che ci deve prendere noi tutti verso questi che sono morti per darci la libertà.

La confusione tra la data della vittoria del 4 novembre 1918 (festa nazonale fino a qualche decennio fa) e la liberazione del 25 aprile 1945 (più familiare perffino nel Sud alla nostra identità repubbicana/ antifascista, e infatti tuttora festa nazionale) merita forse una breve rifelssione che può essere utile innanzitutto a lei che svolge un ruolo professionale importante nell'apetura all'opinione repubblica. Ed è questa: la retorica del 25 aprile  ha manifestamente, e certo non senza buone ragioni, sopravanzato quella della vittoria 1918 già manteniuta in piedi per buona parte del 900.   Certo la comunicazione pibblica, non diversamente da quella di formazione universitaria che si svolge negli studi storico-umanistici, deve schivare le retoriche, dare informazioni tenendo ben a fuoco quello di cui si parla, ricorrenze nazionali comprese. (che 'sono morti per noi' è una frase veramente da non ripetere per la Resistenza e neanche per il risorgimento, , qualsiasi lotta politica nazionale può avere una proiezione futura cui dobbiamo ogni rispetto, ma sono morti per le loro scelte, l'obbligo alla guerra peraltro nel caso del 1915-18. Mia madre da sua madre riportava il preciso racconto che il 4 novembre a Napoli tutti festeggiavano ma sua madre, a cusa della morte di un figlio alla Bainsizza  agosto 1916, dava forte la testa nel muro, evidentemente ossessionata dalla festa pubblica sulla morte privata. La mia bisnonna e i suoi figli restarono tuttavia moderatamente antifascisti,  monarchici il 2 giugno 1946).  

Mi scuso dello sproloquio, professonale non più che generalmente civivo e sempre insofferente  alle retoriche,

Marcella Marmo

professore ordinario di Storia contemproanea

Dipartimento di studi umanistici,Università di Napoli Federico II 

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