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Letteratura scientifica

Recensione - Le novità editoriali

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Un rapporto delle Nazioni Unite, presentato il mese scorso, ha ribadito la posizione in materia dell’Onu: l’accesso a Internet rientra tra i diritti umani e nessuno deve esserne bandito, giacché esso è uno strumento fondamentale della libertà di espressione. Intanto l’incalzare delle novità porta una volta di più a fare i conti con l’uso della tecnologia e con le innumerevoli opzioni connesse. Pare sia un buon momento pure per l’Italia, dove gli esperti ci informano sono stati messi a punto diversi progetti interessanti. E’ il caso delle applicazioni per l’iPhone come quella di Around Me, grazie alla quale è possibile localizzare il servizio più vicino rispetto al luogo in cui ci si trova; o i programmi di lettura che combinano l’insegnamento virtuale con You Tube, attraverso un sito come Oilproject dove si fanno lezioni a richiesta degli utenti, coinvolgendo professori famosi in una scuola on-line fondata da Marco De Rossi nel 2004 e nella quale gli argomenti sono decisi in pubblico e si partecipa agli incontri più diversi; o ancora il gruppo nato nell’ambito dell’Università di Pisa nel 2010 e guidato da Giuseppe Accardi, che ha inventato un programma di traduzione denominato Comprendo. Questi progetti hanno dimostrato come il nostro paese abbia avuto successo nell’apprendimento delle nuove tecnologie e come sia stato in grado di applicarle al canone sempiterno della letteratura. Questo spirito dei tempi è stato ben raccontato dalla ventunenne Giulia Besa in “Numero sconosciuto”, un bel romanzo pubblicato da Einaudi che parla dell’uso degli Sms e le ripercussioni sull’immaginario giovanile.

Le novità hanno riguardato anche gli eventi. Dalla performance “Science & Beauty”, tenutasi lo scorso 18 giugno a Firenze in una camera delle meraviglie che ha unito arte e scienza attraverso le infinite possibilità del 3D; al 14mo “Hackmeeting”, appena conclusosi sempre a Firenze e che ha radunato le principali controculture digitali. I due episodi hanno confermato come Internet sia diventato maggiorenne, minacciando l’egemonia dei mezzi di informazione tradizionali nella produzione dell’opinione pubblica. Pure se a detta di molti certe vecchie e cattive abitudini non sono state eliminate nemmeno dalla Rete; per esempio l’emarginazione della figura femminile che continua, pure nella nuova cultura, ad essere ostaggio degli uomini.

Nel frattempo “Page One”, l’originale film girato nei corridoi del New York Times, ha suggerito come vecchi e nuovi media possano ancora dormire persino insieme sonni tranquilli; semmai il lato tragicomico della vicenda è che il quotidiano ha chiesto ad un collaboratore esterno di recensire il documentario, e quello lo ha fatto ma lo ha anche stroncato di brutto! Insomma il succo è questo: i giornali e le tv sono visti come i pilastri del potere, mentre l’informazione sgradita è invece diffusa con i social network. Ma anche questo fenomeno è oggetto di critiche, secondo la tesi del giornale inglese The Observer; che ricorda come i motori di ricerca, e in special modo i social network, ci conoscono sempre meglio, per via delle tracce che lasciamo in rete: sanno cosa ci piace. Così selezionano i risultati, scegliendo solo i più adatti a noi. Ma in questo modo la nostra visione del mondo rischia di essere distorta. Viceversa la democrazia dipende dalla capacità di confrontarsi con punti di vista diversi. Intanto le corporation usano il cloud computing per la recinzione dei contenuti del Web.

Un piccolo sentiero di lettura rappresenta dunque una necessità. A Torino c’è una casa editrice che si chiama Codice Edizioni e che ci aiuta a comprendere come saranno i tempi e i luoghi che vivremo (gli amici della Codice sono talmente avanti che ogni tanto si dimenticano, nel tempo presente, di inviare i libri: oppure sono innamorati!). La qualità del lavoro di questo editore è stata ribadita da cinque libri recenti, per tacere dell’attesa per “Alone Together” di Sherry Turkle, ciascuno dei quali a firma di un autorevole studioso. “Nulla” di Frank Close spiega i concetti più complessi della fisica in modo del tutto accessibile, attirando nella stessa misura scienziati e semplici curiosi. Non è un’impresa da poco e Close ribadisce lungo una scrittura schietta e ricca di spunti la capacità, tipica della migliori menti, di coinvolgere ogni tipo di lettore, pure su una questione impervia del pensiero scientifico dove il confine tra fisica e filosofia si fa sempre più sfumato. Lo scopo invece del reporter del New York Times Nick Bilton nel suo avvincente “Io vivo nel futuro” è quello di immaginare, una volta confrontati gli attuali sviluppi della tecnologia prodotti dagli Smartphon e dagli iPad con le precedenti scoperte dell’uomo come la stampa o la ferrovia, quali saranno le principali conseguenze sulle nostre abitudini. La stampa estera ha rimarcato il carattere colloquiale delle ricerche di Bilton, ed il libro si fa in effetti apprezzare per la capacità di definire un futuro auspicabile. Il fine didattico è anche quello che accompagna “La natura della tecnologia” di William Brian Arthur; dove viene indagato, ed inserito in una prospettiva storica, il nostro rapporto con gli oggetti, le macchine e in fondo con la realtà che ci ospita e ogni tanto ci tollera. Mentre “La semplessità” di Alain Berthoz risulta di questa recente nidiata della Codice il testo in assoluto più intrigante; dove l’autore non offre teorie, bensì decide di procedere per accenni spiegando come gli esseri viventi percepiscano il mondo e attraverso le soluzioni trovate dal nostro cervello concettualizzino la realtà, dando un significato al miracolo della vita. Infine in “Quello che vuole la tecnologia” Kevin Kelly ci spinge a riflettere sulla possibiità che le macchine abbiano un’anima, con esigenze proprie e tendenze inconscie. Questa in verità è una vecchia storiella e una volta, tanti anni fa, ci girarono sopra un film, “2001 Odissea nello spazio”, dove ad un certo punto della trama un focoso computer decide di far fuori l’equipaggio di una navetta spaziale, indispettito perché il suddetto equipaggio ha smesso di aver fiducia nel suo funzionamento. Il lungo e visionario film dello statunitense Stanley Kubrick era tratto da un racconto breve dell’inglese Arthur Clarke.

L’episodio dimostra come nella cultura anglosassone determinati argomenti sulla sopravvivenza della nostra società siano ampiamente dibattuti. Fino a scatenare accese polemiche, come è capitato negli Usa dove il lbro “Overconnected” di William H. Davidow sta facedo molto discutere per via della sua tesi, secondo la quale l’enorme quantità di connessioni prodotte da Internet rende ingovernabile il sistema economico. Al ragionamento di Davidow ha fatto eco lo scrittore Richard Powers; che ha preso in giro la cultura scientifica ormai cooptata dal capitalismo felice, secondo la morale del suo libro “Generosity”, edito in Italia da Mondadori. Ed ha aggiunto come oggi sia possibile persino riscrivere il manuale di istruzioni di noi stessi, rispetto la narrativa dell’Ottocento che era impegnata a sondare le nostre identità ma non aveva modo di rileggerle, e come questo dato apra nuove frontiere. Riflettendo su questi libri, tutti interessanti e tuttavia ammiccanti nei confronti del lettore, sospettiamo sia in corso d’opera il progetto di trasformare il futuro in un affare. Intanto restiamo dell’idea che il mercato giudica le tecnologie in base alla loro efficacia nel raggiungere lo scopo che si sono prefisse. Ma il vero problema rimane quello di chiedersi se tale scopo è degno di essere raggiunto.


A cura di Vittorio Castelnuovo 
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