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Clay vs Aly

William Strathmore

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Il mondo dello sport, come tanti altri campi dell'attività umana, ha voluto fare nel 1999 una riflessione sul secolo che stava volgendo al termine. Sono stati preparati elenchi, sondaggi, ed è risultato che personaggi del calibro di Nicklaus, Jordan e Pelé, tutti re nelle proprie discipline, dovevano accontentarsi di un ruolo da paggio: Muhammad Ali figurava più in alto di tutti perché non aveva soltanto dominato nel suo campo, ma era andato oltre. La sua influenza andava molto al di là della mandibola del suo avversario, molto al di là dell'ambiente del pugilato; il suo nome e il suo volto erano noti anche negli angoli più remoti del pianeta. Da giovane aspirante alla corona, molti dubitavano del suo valore, lo davano per spacciato di fronte al temibile Sonny Liston. Cambiarono idea quando, liquidato Liston per due volte, respinse una sfilza di sfidanti con il suo stile fatto di movimenti eleganti e colpi pungenti. Nel 1967, molto tempo dopo essere entrato nella Nation of Islam e avere abbandonato il suo "nome da schiavo", Cassius Marcellus Clay, Ali ingaggiò una battaglia di tipo diverso al di fuori del ring. Il rifiuto a farsi arruolare nell'esercito degli Stati Uniti lo privò del titolo e gli fece rischiare la prigione. Vinse anche quell'incontro. La Corte Suprema annullò la condanna e Ali continuò a fare la Storia, riprendendosi la corona dei pesi massimi per due volte negli anni '70.



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