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Basta retorica, torniamo umani

Il mondo è questo, questo è l'Uomo.

La violenza nasce dall’ignoranza e dal disagio. Finché le comunità nazionali e internazionali lasceranno vive sacche di violenza, di disagio, di ignoranza, di solitudine, di emarginazione, gli aspetti primitivi più oscuri e profondi non mancheranno di manifestarsi. Solo quando l'umanità sarà in grado di garantire a sé stessa ovunque un livello minimo di benessere, di istruzione, di educazione civica, di rispetto del prossimo, di stabilità politica, di pace per tutti gli individui..., soltanto allora potremo estinguere i processi di violenza in atto.

Ma né i modelli di sviluppo del passato né quello attuale annoverano quegli obiettivi come priorità, e l'uomo occidentale, più teso a stupirsi e proiettarsi nell'ultima versione di i-phone che nelle vicende disperanti dei suoi simili altrove, quel modello avalla.

Oggi la globalizzazione ci riporta in casa i conflitti che nostri governi hanno contribuito a creare per poi abbandonarli al loro destino: quel che è accaduto a Parigi l'altro giorno avviene quotidianamente da anni in numerose aree del globo.

Anche noi abbiamo dunque il nostro minimo fardello di rischio, di orrore, di sacrificio umano, e io mi sento vittima perché quel rischio l'ho condiviso con i morti di Parigi fino a ieri, quando il caso ha stabilito di colpire loro e non me.

Sabato sera mi è stato chiesto di porre un lumino alla finestra all'ora delle stragi; mi sono sentito preso in giro, ho rifiutato, non per scarsa considerazione delle vittime bensì per maggiore rispetto di loro e dei loro cari, perché il lutto e l'empatia sono questioni interiori e quando divengono collettive sento sempre puzza di retorica, di strumentalità, di facile archiviazione in una ritualità piatta, anestetizzante.

"Morite e compiangetevi" sembrano indicarmi queste manifestazioni trite, popolari, al fondo ipocrite, ebbene io mi ribello a questa retorica lacrimosa, che riduce qualunque cosa a un giro di chitarra, a un girotondo, ad un applauso.

Quindici anni l'età degli attentatori suicidi, ragazzini che non hanno conosciuto il mondo bipolare, la sua fine, il conflitto balcanico, il vero diffuso desiderio di un'unione europea che si respirava in quegli anni; ragazzini che nei giorni in cui a Genova "accadeva" il G8, a NY cadevano le Twin Towers, avevano zero anni, ragazzini che hanno iniziato a "vedere" le cose in modo cosciente, poco cosciente, solo due o tre anni fa, che hanno conosciuto solo Merkel e Holande, al più Sarkozy, che non sanno chi siano Bush, Clinton. Cosa dobbiamo piangere? Chi?

Io sono Paris semplicemente perché siamo tutti coinvolti e domani la prossima vittima potrebbe essere mio figlio innocente.

Invece di strapparmi le vesti penso allora di dovermi guardare allo specchio e chiedermi cosa posso fare, e perché.

Al bando l'estetica tecnologica all'ultimo grido, dobbiamo alzare alzare lo sguardo dagli schermi cellulari e recuperare il senso delle cose, di noi stessi, della lentezza che ci consente di pensare, di essere umani.

Non fiori ma opere di bene, recita un noto luogo comune al quale oggi mi affido: basta parole, forum, dibattiti, basta lumini celebrativi e cerimonie mielose, la risposta ognuno deve trovarsela dentro e agire coerentemente, e per me consiste nella promessa a noi stessi di una maggiore sensibilità, da esercitarsi con costanza, tutti i giorni.

Arrivederci e grazie dell'opportunità di espressione.

Giovanni - Genova 

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