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Il backstage

Dove finisce il mio carattere e dove comincia invece quello del mio personaggio?
E che cosa posso regalargli della mia esperienza, del mio sguardo, della mia anima?
E cosa lo renderà vivo adesso che è ancora intrappolato nell’inchiostro delle pagine?

Con queste domande abbiamo iniziato a lavorare in Puglia tenendo per mano le sceneggiature e conoscendoci poco l’un l’altro. Abbiamo capito che ce l’avremmo fatta solo se fossimo stati profondamente gruppo, e al gruppo abbiamo cercato di dare radici forti e sostanza profonda.
Abbiamo capito che essere un gruppo è avere la certezza che ciascuno è indispensabile, è scoprire che ognuno porta con sé un dono che lo rende unico, è fare delle differenze una ricchezza e dell’attenzione reciproca una priorità.
Abbiamo fatto esercizi che rafforzassero da subito la fiducia reciproca e per il primo mese ci siamo svegliati sempre tutti insieme, anche chi non lavorava in quelle giornate, condividendo la fatica del risveglio e l’impegno ad essere pronti. Abbiamo fatto yoga al sorgere del sole, lavorando sull’energia del nostro corpo, risvegliandola e ascoltandola mentre la sera ci riunivamo per fare esercizi di rilassamento, lavorando sul respiro e sull’abbandono.
Abbiamo acceso fuochi nelle notti di passaggio (prima di cominciare le riprese, a metà lavorazione e alla fine del cammino) celebrando in quella luce e in quel rito antico dapprima il nostro declinarci al plurale, a metà strada lo scambio di impressioni, di paure e di desideri e alla fine la gioia di aver compiuto la nostra rotta uniti.
Abbiamo condiviso la fatica e l’euforia, lo sconforto di una giornata faticosa o il sapore della vittoria per una scena venuta bene; abbiamo visto sorgere dal mare il sole e la luna, abbiamo cantato canzoni scritte per noi, condiviso il cibo come marinai sullo stesso veliero e osservato l’autunno prendersi l’estate.
Abbiamo scoperto che l’attore si muove in uno spazio di confine, tra l’ombra e la luce, tra la spontaneità e la preparazione, tra la timidezza da cui attinge verità e il coraggio di esporsi e che la vita vera è sempre l’origine da cui partire e il porto a cui fare ritorno.
E come sempre accade nelle avventure più belle, nel mio piccolo, ho finito con lo scoprire che è molto di più quello che si è imparato, di quello che si è cercato di insegnare.

Nicola Campiotti, dialogue coach

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