Scatti di scena

Note di sceneggiatura

PETER EXACOUSTOS

Terra Ribelle è stato un primo tentativo nell’ambito della fiction italiana di coniugare il genere western al racconto melò, alla commedia dei sentimenti di ambientazione storica. La Maremma di fine Ottocento, con la sua natura incontaminata ma ostile, vissuta tra butteri e briganti, raccontata attraverso gli occhi di una giovanissima contessina. Un grande romanzo d’amore tra mandrie allo stato brado, cavalli, boschi e una infida palude che nascondeva segreti e misteri legati al passato, ma anche la storia di due fratelli e due sorelle, in cui il bene e il male trovavano nel destino un incrocio fatale. Alla fine il trionfo della verità e dell’amore, lasciava dietro di sé alcuni terribili lutti e la fuga verso l’ignoto di uno dei nostri giovani protagonisti.
Se nella prima serie, Elena perde per sempre suo padre e sua sorella Luisa, inghiottita nel finale dall’infida palude, Andrea resta con la minaccia incombente di un fratello malvagio, Iacopo, fuggito appunto oltre oceano, con la promessa di tornare e vendicarsi. Terra Ribelle finisce con questa inquietante prospettiva lanciata nel futuro. “Un giorno tornerò e mi riprenderò ciò che è mio.” dice Iacopo vedendo la terra in cui è nato, perdersi all’orizzonte, mentre il bastimento affronta il mare aperto diretto nel nuovo continente.
In America del Sud appunto si è giunti infine a trovare le condizioni produttivamente vantaggiose ma anche paesaggisticamente ideali a ricreare la natura selvaggia della Maremma ottocentesca. Zone boscose ancora incontaminate, grandi mandrie di cavalli selvaggi, ma anche ottimi attori per completare il cast artistico.
E’ stato così, che la realtà e la finzione entrambe ci indicavano nel Sud America il destino futuro del sequel della nostra serie. Perché non ambientare ora davvero, il prosieguo della nostra storia, nel Nuovo Mondo, nell’America del Sud, appunto, sia in virtù del fatto che uno dei nostri protagonisti l’aveva già scelta come meta della sua fuga, sia perché produttivamente vantaggiosa per il genere di racconto western che si voleva comunque confermare?
Un’ulteriore riflessione sulla realtà storica ha poi rafforzato quest’ipotesi. Molti italiani e in particolar modo maremmani, emigrarono tra la fine dell’ottocento e gli inizi del Novecento in America del Sud in fuga dalla fame e alla ricerca di un futuro migliore per i loro figli e nipoti. Il lavoro del gaucho della pampa non era molto dissimile da quello del buttero, con la grande differenza però che quel paese sconfinato, sotto quel cielo australe, era ancora terra di conquista, di frontiera, dove ogni uomo, a dispetto della sua nazionalità e condizione sociale, poteva ancora sognare di diventare qualcuno, di costruire ricchezza e benessere. Almeno questa era l’illusione che spingeva i più a partire, ad abbandonare la patria.
Senza forzature ci stavamo riavvicinando sempre di più al genere ispiratore della prima serie, il western. Se nella realtà storica Buffalo Bill portò gli indiani della prateria e i cowboy nordamericani in Maremma per un’epica sfida contro i nostri butteri, ecco che nella finzione si prospettava l’occasione di narrare il viaggio inverso: dall’Italia alla Pampa, dalla riforma agraria al selvaggio ‘Desierto del Sur’, popolato non di bande di briganti, ma di tribù indios, che l’uomo bianco considerava scomode e superflue in quella terra che secondo lui era di nessuno. Ecco che lentamente iniziavano a prendere corpo le idee e le suggestioni per un nuovo racconto, una nuova Terra Ribelle da scoprire e narrare…
Ritenendo di mantenere la centralità della storia d’amore tra Elena e Andrea, abbiamo cercato di indagare a livello tematico su quelli che sono gli sviluppi di un sentimento, nato nella prima serie, da un grande slancio passionale, affermatosi oltre ogni difficoltà e finalmente coronato nel matrimonio con la nascita di un figlio. Quali sono gli ostacoli, soprattutto quelli interiori, e le tentazioni, quelle del mondo, che una coppia, e cioè un uomo e una donna che hanno deciso di condividere la vita fondando una famiglia e procreando, incontrano sul loro cammino? Volevamo che fossero sentimenti contemporanei, vicini al nostro pubblico, scevri da ogni diaframma legato al ‘costume’ al ‘passato’. Insoddisfazione, stanchezza, a volte estraneità, come anche rivalità e gelosia, tutti fattori che normalmente, due individui sani e presenti a se stessi, riescono a padroneggiare, tornando magari dopo una crisi, sempre a quell’equilibrio sereno che gli ricorda l’origine e la forza del loro sentimento. Ma quando sopraggiunge un evento tragico, traumatico a sovvertire questo equilibrio, a distruggere questa serenità di base, cosa accade? Quali tempeste deve attraversare chi si ama per continuare ad affermare il proprio amore, nonostante la forza dirompente del dolore?
In questo secondo capitolo della serie di Terra Ribelle, Elena e Andrea in seguito al rapimento della loro piccola Giulia, pur lottando fianco a fianco per riaverla tra le loro braccia, si allontanano l’uno dall’altra, al punto da non sapere più se c’è ancora qualcosa che li tiene legati. Andrea lotta per non cambiare, per non diventare un altro uomo, un uomo che Elena non riconoscerebbe più. Ma è solo con l’aiuto di lei, che Andrea ce la farà. Elena al contrario di suo marito, è più vittima di se stessa, dei suoi dubbi, dei suoi sogni e delle sue ossessioni, che del mondo esterno. Anche se la confidenza e l’amicizia che la legherà ad un altro uomo giungerà ad un punto estremo, tale da toccarle il cuore, Elena si aggrappa con tutta se stessa a quel sacro sentimento che la commuove ancora, l’amore per Andrea e per la sua famiglia. La contrapposizione metaforica tra gli enormi spazi aperti della Pampa e il deserto sconfinato che tutti ci portiamo nell’anima, dunque l’amore che teme il vuoto e il dolore, diviene così il leit motiv della linea sentimentale della nostra serie. Nel progredire delle scrittura però un altro tema portante è emerso: il sopruso e la violenza, imposti nel nome di un falso progresso. Il Generale Malagridas (Lando Buzzanca), vuole cancellare gli indios per impadronirsi della loro terra, una malvagità che vede nell’avidità, nella sete di ricchezza e potere, la sua origine. Interrogativi come: cosa è civile e cosa è selvaggio? accompagnano costantemente il lungo viaggio dei nostri personaggi.
Infine, un ulteriore spunto di riflessione sarà legato alla vicenda della miniera, dove sempre il Generale sfrutta e vessa dei bambini derelitti costretti a scavare con le mani nude in cerca del ‘suo argento’. Sembrerà incredibile ma realtà analoghe e assolutamente non dissimili per crudeltà e violenza sono ancora attuali in Sud America, in Bolivia e Cile. Terra Ribelle vorrebbe avere la piccola ambizione di raccontare con una fiction ambientata nel passato anche le ingiustizie e i soprusi che continuano ad essere compiuti nel presente.

DANIELA BORTIGNONI

Quando ho letto il primo soggetto di Peter, come sempre d’un fiato, alla fine ho pensato: “No! Questa volta sarà ancora più dura”.
E così è stato.
Il soggetto – che sarebbe il succo della storia che andiamo a raccontare - era bellissimo, pieno di idee e sorprese. Ma anche denso di sfide.
La prima: portare la storia dalla Maremma al Nuovo Mondo. Un salto mortale, con doppia capriola, conservare il fascino di una storia tutta nostra, italiana, e insieme inseguire i passi dei nostri personaggi in un altrove così lontano e così vicino insieme, perché riproduceva i viaggi e i flussi dell’emigrazione della nostra gente nelle Meriche.
La seconda sfida: dare spazio e respiro a tutti e quattro i protagonisti, che il pubblico aveva amato, Elena e Andrea, ma anche Luisa e Iacopo, creando per loro delle storie che potessero ridare vita e sviluppi.
E infine: maneggiare la nitroglicerina, già inventata qualche anno prima del fatidico Novecento - in cui inizia la nostra storia -, senza permetterle di scoppiarci in faccia. In faccia a noi ma anche in faccia ai bambini della miniera, al buon professor Sebrero, al crudele generale Malagridas (un sorprendente Lando Buzzanca), al misterioso Capitan Italia e alla regina Madre…
E’ stata una gran fatica e un gioco sul filo del rasoio, tirare le fila di tutti questi passi e questi passati, ma è stato un gran divertimento. E adesso, con queste righe che segnano la definitiva chiusura di un’avventura, ho un po’ di malinconia. Malinconia a vedere Zifolo cresciuta essere davvero un’altra, nelle foto e nelle scene girate, che arrivano dal set. Ed Elena essere così cambiata, ormai madre e non più ragazza, vivere e soffrire per la propria figlia. Come mi riconosco in lei. E come si riconosceranno in lei tante madri come me.
Sua sorella Luisa è ora ancora più affascinante e pericolosa, un’ombra nera e pallida che insegue sin nell’aldilà il suo desiderio senza speranza. L’amore che Lucio le porta la fa rivivere nei suoi deliri e nei suoi incubi, e li unirà fino agli ultimi passi.
Iacopo è il motore di tutta la storia, ma è diventato qualcosa di molto diverso nei sette anni che ci separano dalla sua fuga dall’altra parte del mondo: sarà una sorpresa scoprire cosa davvero vuole e dove lo porterà la sua guerra personale combattuta con disperata determinazione.
Andrea, il buttero diventato principe, è bello come la prima volta, e farà innamorare di nuovo svariate ragazze ed ex ragazze, ma ha negli occhi la consapevolezza della fatica di crescere, di diventare adulto. Quegli occhi hanno ancora i lampi del seduttore, ma hanno acquisito la tristezza di chi la vita l’ha conosciuta. Ha conosciuto l’amore ma anche l’ingiustizia, la sfida ma anche la sconfitta. E ora deve giocarsi il tutto per tutto per vincere ciò che più di tutto è importante. Sua figlia, ma anche se stesso.
In questo lungo viaggio al di là dell’oceano, Andrea perderà e ritroverà se stesso. E con se stesso ritroverà Elena, la donna che un giorno ha scelto di amare per tutta la vita.

APPENDICE DEGLI SCENEGGIATORI

La nostra serie televisiva non vuole essere assolutamente una ricostruzione storica, né ha l’ardire di rappresentare avvenimenti realmente accaduti. Il nostro è un racconto di finzione, che attraverso emozioni e sentimenti, intende ricostruire certamente il sapore di un epoca, come i suoi temi fondamentali, senza però perseguire la veridicità storica a tutti i costi.
Vogliamo essere fedeli soprattutto ai nostri protagonisti, ai fatti, da noi inventati e romanzati, che sconvolgono i loro cuori, che mettono in moto quel gioco di peripezie, di gioie e dolori che si chiama rappresentazione.
La Storia è fredda, implacabile e lontana. Per farla rivivere bisogna strapparla dal passato e renderla il più aderente possibile al nostro presente.
Solo così, solo attraverso i nostri personaggi in qualche modo a noi contemporanei, forse riusciremo anche a raccontare qualcosa di quell’Italia appena fondata, di quell’umanità di inizio ‘900 alle prese con l’amore, l’odio, la povertà e il sopruso…

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