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Ramin Barhami live a King Kong


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Bach is back
. Questa sera il minilive di King Kong ospiterà il pianista iraniano Ramin Bahrami, uno dei massimi interpreti del grande compositore di Lipsia.

Barhami presenterà “L’Offerta Musicale”, cd registrato all’Auditorium Parco della Musica di Roma con i Solisti dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.
"L'Offerta Musicale" è l'apoteosi della perfezione strutturale abbinata alla bellezza  -  ha commentato Barhami  -. La sua musica è un dialogo continuo, in cui l'Oriente e l'Occidente coesistono, convivono e non smettono mai di cercarsi l'uno l'altro, un dialogo nel quale una seconda eccedente e una terza maggiore si incontrano senza distruggersi”.

L’opera fu composta nel 1747, dopo una visita di Bach al re Federico II di Prussia. “Fu quest'ultimo a sottoporre al compositore un bellissimo tema in do minore, forse opera abbozzata di precedenza dallo stesso Johann Sebastian, e a improvvisarvi una fuga a tre voci. Sollecito' Bach a lavorarvi sopra e questi - racconta Massimo Rolando Zegna nelle note che accompagnano il cd  - ideo' la fuga a sei voci, trascrisse quella a tre voci eseguita a Potsdam, e aggiunse altri undici pezzi: nove canoni di diversa ed enigmatica natura, una fuga e una Sonata in quattro movimenti".

Per questa incisione il pianista iraniano si è avvalso della collaborazione dei solisti dell’Orchestra dell’Accademia di S. Cecilia: Carlo Parazzoli e Alberto Mina (violini), Gabriele Geminiani e Carlo Onori (violoncelli), Andrea Oliva (flauto).

Dal punti di vista musicale si segnala la scelta di Bahrami di utilizzare la prima versione del Ricercare a 6 voci che chiude l’Offerta e la presenza del Canone a 4 voci come bonus track nel quale la parte del primo violino viene sostituita dal flauto, variazione voluta da Bahrami per ricordare una prassi musicale tipica dell’epoca. La storia di Ramin Bahrami l'ha raccontata in prima persona lo stesso pianista di Tehran in un incredibile e imperdibile libro autobiografico, “Come Bach mi ha salvato la vita”

Ramin nasce nel 1976 in una famiglia colta e appassionata di musica, il padre, Paviz, è ingegnere dello scià e suona il violino per diletto. Il piccolo è dotato di un talento innato: a cinque anni già si dedica al pianoforte e, dopo aver ascoltato un disco in cui Glenn Gould esegue la Toccata della Sesta partita in mi minore, si appassiona alla musica di Bach.
Nell'Iran del regime degli ayatollah seguito alla rivoluzione islamica del 1979 che ha vietato la musica, sogna di passeggiare felice nell'orangerie di un castello tedesco in compagnia di Bach.
La favola dorata di una persona comunque privilegiata diventa un incubo quando, in un paese in fiamme per la guerra Iran-Iraq, Ramin assiste sgomento all'arresto del padre con l’accusa di essere filooccidentale. Prima di allontanarsi il genitore consegna al figlio il suo ultimo insegnamento: non smettere di suonare Bach, perché Bach non ti lascerà mai solo. Morirà in carcere nel 1991. 

Ramin emigra in Europa a 11 anni: la nonna paterna è tedesca, m giunge dapprima in Italia grazie a una borsa di studio. È studente prima al Conservatorio di Milano poi all'Accademia pianistica di Imola. Inizia quindi una carriera che nel giro di pochi anni lo innalza nell'olimpo dei concertisti: nel nome di Bach. Al compositore dedica una serie di dischi le cui vendite scalano le classifiche internazionali. Oggi vive a Stoccarda con la moglie italiana e la figlia nata da meno di due anni. Dichiara che la sua ossessione è la bellezza. Il credere che l’umanità possa farcela.

Orgoglioso del suo ruolo di ambasciatore nel mondo della musica del compositore tedesco, ovvero dell'eredità lasciatagli da suo padre: perché la musica di Bach, dice, è espressione di perfezione, sostanza e bellezza, antidoto contro la superficialità cui stiamo andando incontro sempre più incautamente.


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