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Quel parere dei giudici amministrativi

Gianluigi Pellegrino - Corriere della Sera

Tra eccessi di polemica e annunci di retromarce andrebbe ricordato che ben tre volte il Consiglio di Stato ha segnalato come quella norma, ora abrogata dal Governo, fosse non solo confusa e foriera di sovrapposizioni, ma anche incostituzionale per violazione dei limiti della delega votata dal Parlamento e per il rischio di invasione dei poter degli enti locali. Non a caso era rimasta inapplicata da parte della stessa ANAC nella difficoltà di regolarizzarne l’utilizzo. Ed allora la polemica più che di merito appare animarsi di orgogli feriti, difetti di leale trasparenza, e strumentalizzazioni contrapposte. In realtà nel Codice degli Appalti approvato l’anno scorso, con buone intenzioni ma con tanti strafalcioni (su queste pagine segnalati da Gian Antonio Stella) tra i corposi e giustificati poteri dell’ANAC, ne era stato introdotto uno un po’ stravagante perché attribuiva ad una Autorità di vigilanza la singolare funzione di “raccomandazione vincolante” che è un ossimoro logico prima che giuridico. L’ipocrisia lessicale rivelava un corto circuito ordina mentale, perché quasi si trasformava l’ANAC da vigilante a diretta amministratrice, una sorta di responsabile unico degli appalti del Paese. Si finiva con l’evocare obliquamente una CONSIP al quadrato, con il confondersi delle efficaci funzioni di vigilanza con la spicciola amministrazione attiva, fatta di atti impugnabili innanzi a ogni TAR con l’effetto di aumentare e non certo diminuire la confusione. Per questo il Consigli di Sato è tornato a segnalare l’esigenza di abrogare quella previsione, se del ciao sostituendola con poteri di ricorso analoghi a quelli dell’Antitrust e più consoni ad una funzione di vigilanza. Al Governo, al netto di un difetto di garbo istituzionale e ad un retrogusto di manine che operano nel buio anche quando potrebbero farlo alla luce del sole, basterebbero queste poche parole per dare conto nel merito del suo intervento. Per razionalizzare e non certo indebolire la lotta alla corruzione. Invece si assiste ad un fuggi fuggi generale, nel terrore di non saper fronteggiare (piuttosto che correggere) le facili quanto irrazionali emozioni collettive.

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