Focus su David Michôd

Il regista di Animal Kingdom, parla del cinema e del suo film

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    David Michôd (37 anni), il giovane e talentuoso regista di Animal Kingdom, passa l’infanzia tra Sydney e Melbourne, dove inizia la sua carriera nel cinema lavorando per il Victorian Department of Education e per la rivista Inside Film Magazine.

    Le prime opere di Michôd sono cortometraggi realizzati tra il 2006 e il 2009: in rapida successione, Ezra White, Crossbow, Netherland Dwarf, Solo e Inside the Square segnano il fulminante percorso del regista, che lo condurrà a vincere, con Animal Kingdom, il World Cinema Jury Prize al Sundance Festival.

    Come lui stesso racconta, la scelta di lavorare nell’industria cinematografica, simbolicamente, è dovuta in buona parte ad Apocalypse Now, film che lo colpì profondamente e lo spinse verso una fortunata carriera.
    La sua cultura cinematografica è caratterizzata da gusti eterogenei. Si dice innamorato di Gena Rowlands in A Woman Under Influence (John Cassavetes, 1974; uscito in Italia con il titolo Una Moglie); difende a spada tratta The Assassination of Jesse James (Andrew Dominik, 2007), che definisce un capolavoro scandalosamente sottovalutato, e adora il primo Funny Games (Michael Haneke) e Gummo (Harmony Korine)– entrambi del ’97; cita Magnolia tra i suoi film preferiti di sempre insieme al primo Star Wars, che fu il secondo film che vide da piccolo. Una curiosità: gli unici due film che lo hanno fatto piangere sono Rabbit-Proof Fence (Phillip Noyce, 2002) e Whale Rider (Niki Caro, 2002). Il personaggio per lui “più struggente” della storia del cinema è invece Travis Bickle di Taxi Driver, mentre una delle scene a cui è più affezionato è quella della colazione all’interno della nave spaziale Nostromo in Alien.

    La realizzazione di Animal Kingdom ha richiesto nove anni di lavoro, immerso nel mondo variopinto della criminalità di Melbourne, nell’intento creare un ritratto originale della città. Dopo essersi trasferito a Melbourne all’età di diciotto anni, Michôd iniziò a seguire la scena criminale locale per il giornale in cui lavorava.
    La città lo spaventava, perché l’aveva scoperta molto diversa da come veniva presentata dall'esterno: negli anni '80, infatti, aveva la meritata fama di un luogo pericoloso e inquietante: in due anni c'erano state due carneficine in cui 24 persone erano morte, entrambe causate da un pazzo con un mitragliatore che aveva iniziato a sparare per strada. Le forze speciali di polizia, specie quelle dedicate alle rapine a mano armata, per composizione, comportamento e per poter affrontare la crescente violenza urbana, erano dure e spietate quanto i criminali cui davano la caccia: solo in tempi molto recenti la polizia è riuscita a porre termine alle guerre tra gang che hanno imperversato ovunque per quasi vent'anni.

    Gli anni ’80 erano stati un periodo di declino urbano e di mutazione del modello criminale e, allo stesso tempo, il tasso di morti causato dalla polizia era il più alto del Paese. Michôd era cresciuto nella tranquilla Sydney e, ora, si trovava in una specie di gangster movie.  Fu quasi spontaneo, quindi, iniziare a tessere la trama di un grande racconto di crimine. La stesura del testo richiese circa otto anni di lavoro: appena uscito dalla scuola di cinema, questa sceneggiatura fu la palestra creativa e stilistica del regista, che, pur lavorando a fasi alterne, riuscì a non abbandonare mai il progetto malgrado gli anni passassero e le opportunità si moltiplicassero.
    La composizione della sceneggiatura di Animal Kingdom è stata molto complessa, ha raccontato l'autore, tanto da richiedere la realizzazione di un corto – Crossbow– solo per riuscire a spiegare ai propri collaboratori quale dovesse essere il tono generale del film, il cui testo era percepito, a seconda del lettore, come più vicino a Tarantino piuttosto che Ken Loach o Guy Ritchie.

    L'obiettivo finale era trattare il crimine che invade la vita delle persone in maniera molto seria, creare un senso di minaccia permanente e raggiungere un livello di tensione quasi da film horror, lasciando alcuni fili narrativi volutamente lenti per dare maggiore realismo e suspense al prodotto finale. Un risultato che sia pubblico che critica sembrano aver confermato e apprezzato.

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