[an error occurred while processing this directive]

Book and Facebook

Recensione - Le novità editoriali

Editoria libri Narrativa italiana Book Facebook libreria panatta benjamin elliot

Ferventi preghiere appaiono gli interventi di Roberto Faben, Messaggero 15 agosto, su Walter Benjamin e “L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica”; e di Gian Enrico Rusconi, Stampa 28 agosto, che rispolvera Theodor W. Adorno e i suoi cult “Minima Moralia” e “La dialettica dell’Illuminismo”. La crisi del fatto artistico, destinata ad assumere i toni della filosofia e della storia, per Benjamin. Il riscatto dell’uomo occidentale, attraverso la nostalgia e l’impegno, per Adorno. Questi libri ci ricordano il passato, ne fanno emergere l’attualità, e poi la bellezza e la necessità di avere dubbi. Gli articoli li commemorano e rimandano le celebrazioni a un secolo dalla nascita su Marshall McLuhan, Villaggio Globale e tutto il resto, stemperate nell’omaggio di Douglas Coupland per Isbn; mentre Armando pubblica “Letteratura e metafore della realtà”, box di tre libri sotto l’egida dell’Io sono un autarchico Alberto Abruzzese, la cui figura ricorda il tempo in cui si sperimentava persino nelle nostre Università. Bella l’iniziativa del Manifesto che esplora in dieci puntate, l’ultima uscita il 30 agosto, l’editoria italiana. Ci torneremo perché è il lavoro più accurato che sia stato fatto. Come in un film di Kurosawa, i testimoni raccontano lo stato delle cose dal loro punto di vista e formano così un quadro. Uno di essi dichiara: la lettura è ormai una parte minima di ciò che ci viene richiesto. Pubblicato dallo stesso quotidiano un inedito di Scott Fistgerald sull’Italia. Dopo un soggiorno nella capitale lo scrittore appunta: L’italiano è un anarchico naturale. Il suo retaggio è lo spirito ribelle dei secoli bui, quel talento per la violenza e il sospetto...

Per non rimanere indietro aperta una pagina su Facebook sabato 27 agosto. In meno di ventiquattro ore ricevute 427 richieste di amici. Non ricordavamo di conoscerne così tanti. Forse qualcuno del militare. Nessun nemico ha abboccato. Nella Rete non c’è inimicizia – per fortuna ha provveduto Il Foglio offrendo la serie a puntate “Vi presento il mio nemico”, approdata il 31 agosto ad un singolare pezzo di Fabio Caressa contro Mario Luzzato Fegiz; inossidaile critico musicale del Corriere della Sera che nella primavera del 1980 ci apostrofò E lei vorrebbe occuparsi di musica senza essere essere amico di Claudia Mori! Invece nella Rete resiste un’offerta genere Woodstock pace, amore e musica. Ma nella calma piatta appare nitida la frustrazione, come nell’acqua la sagoma di uno squalo. Sudiamo non perché è l’ordine del giorno dato dagli impettiti cavalieri in uniforme della lavagna televisiva del Meteo, ma per la raffica di domande che annienta il nostro privato: filosofia di vita, foto, messaggi, bacheche, profili. Prima di ucciderlo ne “I tre giorni del Condor” viene chiesto a uno: e tu chi sei? Metaforicamente siamo messi a nudo. Allora decidiamo di farlo sul serio, pure per noia, e riflettiamo se recitarne il rosario. Un Sms ci distoglie. Una donna? Il gestore avverte finisce il credito. Circondati da responsabilità, assediati dalla solitudine, abbiamo nostalgia di casa. Ma siamo a casa. Parliamo da soli e scoviamo attinenze allucinatorie tra l’azienda di trasporto pubblico e i versi immortali di Thomas Stearns Elliot. Il suono del tram, fuori nella terra desolata del quartiere di agosto, ci appare infatti per la prima volta umano rispetto le insidie della tecnologia. Ma ora tocca a noi: finalmente possiamo parlare. Leggiamo stupidaggini olimpiche, da primato in classifica, da fuga solitaria. Il vertice è raggiunto da: Vado a prendere mio figlio a scuola / Sono tornato a casa con mio figlio / Vado a fare la spesa. Annichiliti leggiamo la firma dell’autore del distico, prestigioso collega di un quotidiano. Viene in mente Brera: ed è subito pera. Poi uno scambio tra due utenti amici, una chiamata & risposta come nel gospel: Sono stanca / Anche io / Qui piove / Qui no / Che noia / Eh sì. In slip cerchiamo il numero della questura. Ordine pubblico? Certo, risponderemmo, mortificano il tempo libero. Non sarebbe meglio un’orgetta? Persino fare cilecca risulterà più dignitoso. Le teste parlanti del 2000? Erano meglio i Talking Heads. Per autodifesa apriamo “L’idiota” di Paolo Febbraro (Le Lettere) che restituisce dignità al ruolo dell’eretico, del fool, smascherando il simulatore – da Aristofane a “Oltre il giardino” – di una comunanza che in realtà non lo avvince per nulla. Nella profondità della sua finzione l’idiota arriva a coincidere con l’arte. Riprendiamo vena grazie alla lettura e proviamo anche noi a parlare. Arenati immediatamente perché pensavamo fosse meglio, prima, pensare cosa dire. Senza parole abbiamo chiuso la pagina, lunedì 29 agosto. Ora speriamo nell’immortalità. La pagina più rapida nella storia di Facebook. Blade Runner: Ho visto cose che voi umani... No, noi le abbiamo viste invece: accampamenti di minchioni al largo dei bastioni di Orione, rimbambiti balenare nel buio alle Porte di Tanhauser. Dalla centrale (proprio come nei film di spionaggio) hanno risposto: sei tu che la vuoi chiudere? Misticismo Facebook. E noi che li avevamo sottovalutati. Hanno letto Gregory Corso. Non c’è altra spiegazione. Perché Corso scriveva: amo la poesia (...) perché mi dice che la mia anima ha un’ombra. E grazie a Dio, che non ha chiesto l’amicizia, abbiamo un’ombra.

In borghesia prima si dedicavano ai Gran Tour e suonavano Chopin e cantavano le arie di Puccini; a tempo perso un duello per qualche pecorella extra-matrimoniale, stile Barry Lyndon ma senza Ryan O’Neal. Poi il turismo di massa li ha rintanati in casa a giocare a canasta. E’ durata per anni. Una partita di ramino, una scappatella, un cognacchino tanto per rompere il ghiaccio, doppi di tennis: corna e Lacoste. Finché in Italia il successo di Adriano Panatta (nel 1976 Internazionali di Italia, Roland Garros a Parigi e Coppa Davis con polemica t-shirt rossa indossata durante la finale a Santiago del Cile) fece sì che i Circoli fossero invasi da milioni di pippe in mutande Tacchini/Fila/Diadora/ElleEsse pronti a giocarsi sotto rete intere cene a base di astice e a tirar palla dappertutto fuorché dritto. Adriano meglio dei sindacati: la parità sociale a portata di racchetta. Una demi-volée e il quarto stato fu solo un ricordo. La borghesia rifugiò allora nella new-age californiana e la commutò in dieta mediterranea e tutti si misero ad aprire erboristerie, del genere tisane & inganni, sotto forma di saggi provenienti dall’Oriente ma stampati in condizioni di carboneria nel frusinate. Mistici bizantini con residenza a Orbetello scalo. Durò così a lungo la new-age italiana che approdò persino nel terminal di Rai Notte con conduttori invasati e palinsesti mesopotamici. Ora vanno le librerie. Ma in fondo rimane sempre una questione di relazioni personali. La chiusura di Bibli, nel cuore di Trastevere a Roma, mobilita militarmente i media area centro-sinistra/leggermente più a sinistra/Viale Kennedy la prima sinistra/ andante a sinistra/più sono di sinistra più vivono in centro. Lontana dal privilegio del primo piano mediatico e tuttavia nello stesso quartiere un’altra libreria, Nero su Bianco, si impegna per restare in vita e poter vendere libri. E’ un buco, dentro c’è una ragazza che si chiama Mariangela con un pianoforte, un vecchio mobile in centro. Utopica, testona, indipendente. Ci si potrebbe ambientare “Il dio del massacro” di Yasmina Reza (Adelphi) che Polanski ora ha portato al cinema. Perché nella volontà della proprietaria c’è qualcosa che ci riguarda molto da vicino. Lo sgretolamento della correttezza politica, la dirittura morale, la maschera della benevolenza e della tolleranza, le buone maniere, le molte parole spese sulla cultura. La tenacia della ragazza è corrosiva, dotata di un senso che a noi ora manca. Ma ne abbiamo bisogno per spaventarci. Scrivetele e ditele di tener duro (teatropen@gmail.com). Nessuno scrive più. Ed è bello ricevere una lettera.


A cura di Vittorio Castelnuovo
[an error occurred while processing this directive]