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Barbara Spinelli, "Moby Dick o l'ossessione del male"

Collana Uomini e Profeti, Morcelliana, 2010

Barbara Spinelli, "Moby Dick o l'ossessione del male"


Chi conosce Barbara Spinelli come commentatrice politica del quotidiano «La Stampa» non resterà, forse, del tutto sorpreso nel vederla qui alle prese con un testo letterario, una sorta di monumento della parola, il Moby Dick di Herman Melville, libro di superba architettura e dalla scoperta ispirazione teologica. L’attenzione della Spinelli, il suo acume, hanno un’ampia stratificazione e un largo raggio. Non di rado nei suoi articoli ricorre al testo biblico, consapevole che quell’antico strato della memoria d’Occidente sostiene ancora il nostro fragile presente. Basta guardare un po’ più in là e un po’ più a fondo rispetto a quello che comunemente si è disposti a fare. Proprio Moby Dick – la grandiosa epopea della ricerca umana e della sua dannazione – è, forse, il libro più capace di sollecitare questa essenziale attitudine dell’intelligenza di Barbara Spinelli: la sua capacità d’immergersi sotto la crosta dell’ovvio, sotto la superficie di un’attualità squillante e fin troppo perentoria, nuovo idolo che sovrasta le nostre vite e talvolta, svuotandole, le domina; la sua capacità di scavare nella natura del molteplice, per graffiare l’idolatria dell’Uno, che “ha affascinato sempre la mente umana”.

Facendo rotta con Achab, navigatore di tenebre, Barbara Spinelli ci accompagna dentro lo spazio di una lotta mortale, dove la ricerca della verità, la lotta – contagiosa – contro il male, e la sopravvivenza di una schiuma di bene altro non sono che il poema della nostra vita.
(Gabriellla Caramore, dalla quarta di copertina)
 

Barbara Spinelli lavora come editorialista per "La Repubblica" È autrice dei libri: Presente e imperfetto della Germania orientale, Il Mulino, Bologna 1969; Il sonno della memoria-L’Europa dei totalitarismi, Mondadori, Milano 2004; Ricordati che eri straniero, Qiqajon, Magnano (Bi) 2005; «Una parola ha detto Dio, due parole ne ho udite». Lo splendore delle verità, Laterza, Roma-Bari 2009.

 

..."Melville lo ripete in più momenti, nei suoi romanzi del mare: tutto quello che sperimentiamo in terraferma è rovesciato e le norme che qui sono chiare, in acqua o non esistono o sono sostituite da leggi elastiche, mobili, anche se non meno dure. La leggi marine sono continuamente messe in forse, dovendosi confrontare con crisi che possono essere improvvise come un tifone, una bonaccia, un naufragio. Nel mare, quella che in terra viene considerata calma, può ben più bruscamente e diabolicamente un inganno: d'improvviso la bonaccia può trasformarsi in tempesta cui tocca far fronte con la massima concentrazione delle energie, con uno stare all'erta fondato sulla diffidenza permanente, con la panoplia di risorse a disposizione della metis greca, che è l'intelligenza degli eroi astuti, multiformi, escogitatori di trucchi imprevisti..."

 

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