Dmitri Slobodeniouk: musica dei mari freddi, Sergej Krylov violino

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    Auditorium Arturo Toscanini di Torino
    Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

     

    Dima Slobodeniouk direttore
    Sergej Krylov violino

     

    Sebastian Fagerlund (1972)
    Isola, per orchestra (2007)
    I. Introduzione. Agitato e violento - Largamente espressivo [attacca]
    II. Agitato capriccioso
    Prima esecuzione italiana

     

    Jean Sibelius (1865 - 1957)
    Concerto in re minore op. 47 per violino e orchestra (1902/04)
    Allegro moderato
    Adagio di molto
    Allegro ma non tanto

     

    Sebastian Fagerlund
    Isola
    per orchestra
    Tratto dal programma di sala dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

    “Molti anni fa ho visitato un’isola di nome Själö, nell’arcipelago sud-ovest della Finlandia. L’isola possiede, nonostante la sua tranquillità e bellezza, una storia cupa e tragica. Questa sensazione di vastità e bellezza, con oscure correnti sotterranee, mi ha impressionato profondamente. La musica non è in alcun modo una descrizione dell’isola. L’impressione, però, si è fissata nella mia mente e si è manifestata come una sorta di ispirazione astratta per questo brano. Il brano, commissionato dal direttore Dima Slobodeniouk e dal Festival Musicale di Korsholm, consiste di due larghi movimenti che sono connessi l’uno all’altro. Il primo movimento, Largamente espressivo, inizia con una introduzione ritmica e aggressiva (Agitato e violento) dove viene presentato il materiale della composizione. Il flusso aggressivo della musica cambia repentinamente verso quello che è il vero andamento del primo movimento: un tempo lento. L’espressione musicale è melodica e intensa. L’aggressività ritmica, che era stata introdotta all’inizio del brano, ritorna con pieno vigore nel secondo movimento: Agitato capriccioso. La musica ha un carattere selvaggio e scorrevole da cui emergono elementi di danza rituale. Il brano è stato eseguito per la prima volta dall’Orchestra Sinfonica di Vasa, diretta da Dima Slobodeniouk durante il Festival Musicale di Korsholm il 3 luglio del 2007.”

    Sebastian Fagerlund, 2007

     

    Jean Sibelius
    Concerto in re minore op. 47 per violino e orchestra

    Un’insicurezza congenita
    Tratto dal programma di sala dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

    Quando iniziò a comporre il Concerto per violino, nel 1902, Sibelius usciva da una grave crisi personale, della quale parlò con molta franchezza in alcune lettere: soffriva di una congenita forma di insicurezza, che lo aveva portato quasi all’alcolismo; a questi problemi si aggiunsero quelli economici: al discreto successo in Finlandia e all’estero non erano corrisposti grandi proventi, e anche i diritti di un’opera poi divenuta celeberrima come la Valse triste furono ceduti per pochi denari. Sibelius riuscì comunque a costruirsi una casa in campagna, lontano dalla vita a volte un po’ eccessiva che conduceva a Helsinki, e vi si trasferì alla ricerca di tranquillità, silenzio e concentrazione. Proprio qui maturò un’evoluzione artistica profonda: depurò il suo linguaggio della retorica e dei manierismi sentimentali, conquistò essenzialità, controllo e una certa nobiltà d’espressione, pur mantenendosi ben distante dalla crisi del linguaggio musicale che stava nascendo in Europa, e restando sostanzialmente allineato alla tradizione tardoromantica. Ma la sua radicale insicurezza non gli risparmiò timori e paure anche in questa fase di positiva crescita:

    La parte interiore di me è cambiata. Lo constato con una strana sensazione di tristezza e timore. Spero solo di non diventare freddo e insensibile, perché allora non riuscirei più a essere felice.

    Il Concerto per violino fu eseguito per la prima volta a Helsinki l’8 febbraio 1904, sotto la direzione del compositore ma con un violinista non all’altezza della parte solistica: Viktor Nováček. Le recensioni tutt’altro che entusiastiche accesero ulteriori insicurezze in Sibelius. La partitura fu rivista e il lavoro presentato in una nuova versione a Berlino, con Richard Strauss sul podio e Karl Halir al violino. Le reazioni non furono molto calorose neanche questa volta, ma l’opera entrò stabilmente in repertorio, anche grazie alle successive esecuzioni del violinista ungherese Franz von Vecsey. Sibelius, ancora nel 1914, scrisse del suo Concerto per violino: «penso che non sia fatto per colpire il mondo».

     

    Il concerto

    L’essenzialità e il controllo propri del nuovo corso stilistico di Sibelius sono evidenti innanzitutto nella ricerca di un equilibrio tra le forme tradizionali e la libera espressione rapsodica. L’impostazione è quella classica in tre movimenti, con netti contrasti tra i vari temi. Ma l’ideazione musicale vera e propria è fantasiosa, le melodie solistiche emergono spontanee dal contesto orchestrale, che tuttavia non è un semplice accompagnamento ma contribuisce a evocare suggestioni naturalistiche. Il primo movimento si apre con tremoli di archi in sordina, sui quali si pone in tutta evidenza una melodia ampia e cantabile del violino, riecheggiata dal clarinetto con caratteristico effetto di spazialità: siamo già immersi negli ampi orizzonti nella natura finlandese. Si alternano toni meditativi ad altri più intensi e partecipi; non mancano neppure evidenti riferimenti a danze popolari. Dopo la grande cadenza solistica vengono ripresi tutti i temi presentati nella prima parte, fino alla conclusione che ripropone la melodia d’apertura amplificandone il carattere epico. L’Adagio di molto è costruito nella tipica forma tripartita A-B-A. Si apre con un’idea orchestrale dei legni, che ne genera un’altra più cantabile, affidata al solista. Ma è la parte centrale il vero e proprio regno del violino, che costruisce giochi polifonici su spunti tematici già noti. La ripresa si sviluppa interamente come una variazione timbrica della prima parte, nella quale solo e orchestra si scambiano sovente i ruoli. Il movimento conclusivo è dominato da un principio ritmico che ha i suoi referenti nella danza popolare e permette al solista ampio sfoggio di virtuosismi. Il brio generale assume riflessi ancora più brillanti nel gioco di suoni armonici a cui si lascia andare il violino prima del finale.

    Andrea Malvano
    (dagli archivi Rai)

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