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L'ultimo anno

Recensione - Le novità editoriali

Intanto che You Tube annuncia la sua seconda vita (Corriere del 16 dicembre) con una rivoluzione commerciale che prevede i video divisi in 100 canali tematici al fine di attirare più spot – pure se al momento hanno attirato solo le critiche degli utenti – l’anno chiude con le anteprime del nuovo, che da previsioni dovrebbe essere anche l’ultimo. Ai quotidiani torna utile per riempire gli spazi, un pò come i tormentoni estivi: quest’anno per esempio i fatti del Teatro Valle e quelli degli agguerriti TQ (Cortelessa, Vasta etc.). Poi passati entrambi in secondo piano e seguiti in autunno dalle ricorrenti agitazioni, sufficientemente apocalittiche come esigono i media, sulla fine dell’editoria tradizionale (l’ultimo appello in ordine di tempo lo lancia L’Unità del 2 dicembre, a firma di Francesca De Santis); e la nascita dell’editoria digitale (infatti Repubblica del 21 dicembre ospita un intervento del Direttore di Rai Educational Silvia Calandrelli, che inaugura un nuovo corso combinando tecnologia e didattica e seguendo finalmente le volontà dei Padri Fondatori dell’azienda...).

Una volta rammentato, a vent’anni dalla morte, l’ennesimo convegno a Correggio su Tondelli (L’unità del 18 dicembre) ecco anticipati da Mirella Appiotti, come da lettura del suo pezzo su La Stampa del 24 dicembre, i libri top 2012. Sono quelli di: Melania Mazzucco che in “Limbo”, per Einaudi, racconta di una ragazza soldato tornata dall’Afghanistan e ferita nel corpo e nell’anima; di Massimo Gramellini che in “Fai bei sogni”, per Longanesi, rende un agrodolce omaggio alla vita; di Francesca Melandri che in “Più alto del mare”, per Rizzoli, narra una storia lunga una notte e ambientata negli anni Settanta; di Carlo Verdone che in “La casa sopra i portici”, per Bompiani, debutta come scrittore e in parte racconta la sua vita. Intanto il mercato scopre Christopher Hitchens, inclassificabile autore ateo-mistico militante (!) scomparso di recente e adottato subito dai media come nuovo fuorilegge della letteratura (ci mancava) sulle note sempreverdi di icona al vetriolo e punto di massima tensione nella cultura occidentale. Così il suo memoriale postumo “Hitch 22”, per Einaudi, non solo attraversa quarant’anni di storia delle idee ma è atteso, manco a farlo apposta, come un evento.

Eravamo un po’ a corti di eventi. E in ordine sparso ne avremmo poi altri di differente cabotaggio: Alessandro Piperno, Franco Cordero, Erri De Luca, di nuovo Paolo Sorrentino, l’esordiente Giovanni Montanaro sul quale punta Feltrinelli, la conferma di Alessandro Mari che dopo il fluviale “Troppa umana speranza” rispolvera il feuilleton in “Bandùna” ma lo spalma sulla Rete (auguri), ancora Edoardo Nesi, Marco Missiroli, Paola Soriga, Paola Predicatori, Maria Paola Colombo, Loredana Limone, Riccardo Perissich, Claudio Magris, Maria Luisa Spaziani – era così brutta, pure se sudicia, una sua poesia, letta oltretutto dalla stessa autrice durante una rassegna estiva (dove eravamo tutti presenti per vedere da vicino il beatnick Lawrence Ferlinghetti) che uno spettatore supplicò in commovente romanesco: a ridatece Pascoli!

Tornando in cronaca, è chiaro le novità riguardano anche gli stranieri. Così leggiamo sempre da La Stampa del 24 dicembre che sono in arrivo da Einaudi il primo Philip Roth, “Addio Columbus” del 1960; da Rizzoli tale Chad Harbach, segnalato da Jonathan Franzen, con “L’arte di vivere in difesa”, tutto ispirato al baseball; da Bollati la nippo-statunitense Julie Otsuka con “Venivamo tutte per mare”; da Feltrinelli l’australiana-tedesca Anna Funder con “Tutto ciò che sono”. A chiudere Roberto Bolano, David Bezmozgis, Ayad Akthar, Peter Cameron. Sembra commentiamo la Milano-San Remo. A proposito di frontiere, da condividere la tesi del fondo di Mario Buadino su La Stampa del 18 dicembre riguardo il fenomeno, molto popolare in Usa da quando Norman Mailer negli anni Settanta raccontò l’epopea di Cassius Clay, delle vite romanzate dei personaggi pubblici; dove essi raccontano la propria esistenza (si spera sempre tormentata) con l’ausilio di un professionista della comunicazione. Buadino cita il recente “Open”, per Einaudi, dove il tennista Andre Agassi ha fornito il proprio materiale biografico allo scrittore e giornalista John R. Moehringer; e si domanda se in Italia sarebbe possibile fare lo stesso, poiché i nostri scrittori – secondo la sua condivisibile teoria – hanno timore di sporcarsi le mani; tolto lo scomparso Oreste del Buono, che a suo tempo scrisse di Gianni Rivera.

Mentre il Manifesto del 24 dicembre ci informa che la rivista underground PIM, fondata a New York nel Lower East Side nel 1979, dal 1987 si è spostata in Umbria (e chi ne sapeva niente, più underground di così!), dal mercato anglosassone arriva una sontuosa “Nuova storia del jazz”, per Einaudi (cui và il merito di averne pubblicate diverse nel corso del tempo). Questa, uscita qualche anno fa, è stata scritta da Alyn Shipton ed ha suscitato la reazione in Giuseppe Montesano, che su L’Unità del 22 dicembre fa notare come il racconto termini agli anni Sessanta, dimenticando del tutto l’attualità. E’ il difetto cronico di molta stampa del settore (nel rock è ancora peggio) e ricorda i vecchi libri di testo che, una volta arrivati al Novecento, accennavano a quel birichino di D’Annunzio e basta! In fondo conferma come il passato rimanga necessario e il presente (altro che il futuro!) un’incognita.

Curioso come ogni quarto d’ora escano libri sull’arte contemporanea che ci aggiornano seriamente o meno (come nel caso di Mauro Covacich e il suo “L’arte contemporanea spiegata a tuo marito”, per Laterza) su tutte le tendenze, persino quelle di cui faremmo volentieri a meno; mentre nessuno pare sia in grado di descrivere cosa sia successo nel campo della musica dopo la sbornia degli anni Sessanta e Settanta. Cristian Zingalez prova ora a metterci una pezza con “Techno”, per i tipi di Tuttle, mentre tutto intorno gli editori si affidano a medaglioni su Isole di Wight, miti di Woodstock, lagne Progressive, e poi giù con Freddie Mercury, Jim Morrison, Bob Marley, e memorandum vari sul ’67, sul ’68 e sul ’69 (non quello lì...). Insomma, non se ne esce. Allora prova a scuotere le acque Clint Eastwood (dal Corriere del 16 dicembre) il quale ha accettato che un network riprenda la vita quotidiana sua, di sua moglie e delle sue figlie. Sulla stessa pagina è ospitata una preghiera a forma di occhiello di Paolo Mereghetti, che scongiura l’attore e regista di non cedere al reality, ma è difficile Clint gli dia ascolto.

Invece la più intelligente è quella di Ramalho (dal Corriere del 19 dicembre) l’allenatore della squadra di calcio brasiliana del Santos battuta dal Barcellona 4-0 (mica uno!) nella finale del Mondiale per club: Ora che abbiamo visto il Barcellona cominceremo ad accettarlo. Accettare, e chi ragiona più così? Questo Ramalho andrebbe isolato. Chiudiano ammettendo di non voler commentare il libro di Jean Clair “L’inverno della cultura”. E’ così prestigioso Jean Clair, e sono così belli i libri Skira, e le donne della Skira (solo donne nell’editoria italiana!) così carine. Ma il libro è privo di speranze: a questo Clair non gliene va bene una! Vigliaccamente abbiamo preso tempo fino a quando ci ha pensato un’altra donna, sulle pagine del Sole 24 Ore del 18 dicembre (ma anche L’Unità del 11 dicembre, sotto forma di intervista all’autore, aveva i suoi dubbi). Angela Vettese ha scritto infatti che il celebre critico francese è un catastrofista. Brava, ben fatto. Certo: nascondersi dietro le sottane di una donna ai tempi di Internet. Peggio ancora fare anche i guardoni (che poi sono l’anima di Internet!). Di fatto le donne tirano fuori le cose migliori, pure qui. Autrice sul Manifesto, all’interno della sua rubrica Ex Press, del pezzo più acuto dell’anno – quello pubblicato il 26 novembre sul destino del libro, a pari merito con quello di Matteo Marchesini sullo spread letterario (!) apparso sul Foglio del 24 dicembre – Maria Teresa Carbone continua ad indagare su Amazon; e sempre sul Manifesto del 24 dicembre denuncia le condizioni di lavoro patite dai dipendenti. Essere paraculi ai tempi di Internet. Allora meglio fare i guardoni. 


A cura di Vittorio Castelnuovo
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