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Orchestre d'Europa: Münchner Philharmoniker (terza puntata)

in onda sabato 1° ottobre alle ore 16,00

Orchestre d'Europa: Münchner Philharmoniker (terza puntata)Nell'ultimo appuntamento della rubrica Orchestre d'Europa dedicato ai Münchner Philharmoniker, ascolteremo oggi la Sinfonia n. 9 in do maggiore D 944 di Franz Schubert detta "la Grande". Soprannominata in questo modo per distinguerla dalla precedente sinfonia in do maggiore, la sesta, detta die Kleine (La piccola), questa è l'ultima sinfonia composta per intero da Schubert.

Il titolo trova anche giustificazione in una lettera dello stesso musicista al pittore Leopold Kupelwieser, di poco precedente l'inizio della composizione della sinfonia: "In fatto di Lieder non ho scritto granché di nuovo. In compenso mi sono esercitato con numerosi lavori strumentali: ho composto due quartetti e un ottetto, ho in mente di scrivere un altro quartetto. Soprattutto voglio in questo modo prepararmi la strada verso la grande sinfonia" .

Il titolo ben si presta ad identificare l'opera non solo per le vaste dimensioni, ma anche per il carattere maestoso delle idee musicali e l'incedere solenne del numeroso organico che prevede il raddoppio di tutti gli strumenti a fiato, ad eccezione dei tre tromboni.

La sinfonia, un edificio imponente dalla complessa elaborazione musicale, ebbe una storia alquanto travagliata. Schubert dovette anche subire un umiliante rifiuto da parte della Societa degli Amici della Musica di Vienna di eseguire la sua opera. Le motivazioni furono attribuite all'eccessiva lunghezza e all'estrema difficoltà di esecuzione. La partitura fu presto dimenticata.

Si deve a Robert Schumann il merito di averla riportata alla luce: nel 1839 si recò a Vienna, dove visitò il fratello di Franz Schubert, Ferdinand. Ottenuto l'accesso alle carte del compositore, Schumann scoprì il manoscritto dell'ultima sinfonia, che propose subito al direttore del Gewandhaus di Lipsia, ovvero Felix Mendelssohn. Della fortunata prima esecuzione del 21 marzo 1839 Schumann scrisse sulla "Neue Zeitschrift fur Musik" un entusiastico articolo critico in cui parlò di "completa indipendenza da Beethoven" e di "divina lunghezza".

Nel 1842 Mendelssohn portò la partitura in Inghilterra, ma l'Orchestra Filarmonica di Londra rifiutò di eseguirne il finale, considerato troppo noioso. L'anno dopo a Parigi l'Orchestra
della Società dei Concerti si limitò ad eseguire solo il primo movimento e in generale per tutto l'Ottocento l'opera non godette di grande fortuna.

La sorprendentemente ricchezza dell'invenzione melodica nasconde in realtà una unità strutturale molto solida che sfocia nel Finale, coronamento e summa di tutte le proposte tematiche, dove si fondono, per dirla con le parole di Schumann, " i germi di una eterna giovinezza".

Il programma si conclude con l'ascolto, nell'interpretazione di Sergiu Celibidache della Sinfonia dei Salmi, per coro e orchestra di Igor Stravinsky, tipica composizione del periodo 'neoclassico'. L'opera, nata da una commissione ricevuta per il cinquantesimo anniversario della Boston Symphony Orchestra, comprende un coro in latino e una formazione orchestrale anomala senza clarinetti, violini o viole, ma con due pianoforti.

"Nella mia idea" , ha scritto Stravinskij nelle sue Chroniques, " la sinfonia doveva essere un'opera dal grande sviluppo contrappuntistico, e per ottenerlo avevo bisogno di ampliare i mezzi a mia disposizione. Finalmente mi fermai su di un organico corale e strumentale nel quale i due elementi fossero posti allo stesso livello, senza alcuna predominanza l'uno sull'altro. In questo modo il mio punto di vista sui reciproci rapporti delle parti vocali e strumentali coincideva con quello degli antichi maestri della musica contrappuntistica, che appunto li trattavano da pari e non riducevano la funzione dei cori a un canto omofono, né la funzione dell'insieme strumentale a quella di un accompagnamento" .


Münchner Philharmoniker

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