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Gentili dottor Silvio e mister B

la lettera di lunedì 29 ottobre

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    Gentili dottor Silvio e mister B,
    vi scrivo in duplice copia allo stesso indirizzo, il resort di Briatore a Malindi, dove vi so impegnati in una serie di cene eleganti.

    Ci si è spesso interrogati su chi tra voi due sia quello vero e chi la maschera di Halloween. Se sotto il cerone della libertà si nasconda lo statista o il populista, il buontempone che fa cucù alla Merkel o il dittatore dello stato libero di Bananas che dichiara guerra in un colpo solo alla Germania e alla Francia, il padre nobile che promette di fare un passo indietro per dare consigli ai giovani o lo zio vanesio e, mi consenta, un po’ vaneggiante che i consigli ormai li accetta solo dalla Santanché.

    Io ho il sospetto che siate veri, e quindi falsi, tutti e due. Mi augurerei che a guidare le vostre mosse - come voi dite – fossero l’amore o la follia. Ma temo che l’unico valore in cui entrambi credete davvero sia la convenienza. Quella attitudine a concepire la politica come una prosecuzione degli affari che prima di una sentenza che presumete assolutoria vi spinge a esaltare le riforme del governo Monti, ma subito dopo la decisione di condanna vi trascina a denigrarlo, a minacciarne per ripicca la caduta.

    In realtà, dottor Silvio, lei sa bene che la vostra stella è definitivamente tramontata proprio in questi giorni. Ma a sancirlo non è stata una sentenza che magari verrà ribaltata in appello dalle magie dilatorie di Ghedini.

    E’ stato un telefilm. Quel Dallas che lanciò le vostre televisioni e riplasmò i gusti degli italiani, addestrandoli al lusso volgare, al cinismo simpatico, alla ricchezza ostentata e agli altri stereotipi con cui la cultura popolare degli anni 80 ha nutrito la vostra proposta politica.

    La prima serie di Dallas faceva il 30 per cento di share. Come il suo partito. La nuova serie ha fatto il 5 e l’hanno chiusa dopo due puntate. Il suo partito, dottor Silvio, non so. Ma dica a mister B che la maschera liftata dell’ottantenne J. R. ricordava inesorabilmente quella che sabato leggeva sul gobbo di una telecamera la sua ultima, inascoltata e inascoltabile raffica di minacce a vuoto.

    Buonasera.

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