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Progetto Verdi: Giovanna di Guzman

in onda venerdì 27 settembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Giovanna di Guzman

A metà dell’800 il passaggio di un lavoro teatrale dalla Francia all’Italia non era operazione semplicissima; ne sapevano qualcosa i nostri musicisti che dovevano fare i conti con una censura feroce, che condizionava sensibilmente il loro lavoro.

Come abbiamo avuto già modo di notare, a metà dell’Ottocento il gusto francese per l’opera sontuosa era ormai noto ed avviato: assai diversa la poetica del teatro musicale italiano, da sempre incline ad una drammaticità intima più che esteriore, ma i nostri autori sapevano bene di doversi adattare a produzioni che Donizetti aveva impietosamente definito “sacchi di musica per canto e ballo”.

Così fu anche per Giuseppe Verdi, che era riuscito ad accontentare i gusti francesi ma dopo la prima rappresentazione parigina del suo “Les Vêpres siciliennes” (avvenuta all’ Esposizione Universale nel giugno del 1855) trovò nel suo Paese la strada sbarrata da una evidente – e peraltro prevedibile - diffidenza verso un soggetto ispirato a insurrezioni e rivolte popolari.

Al tempo di Verdi circolavano molti testi basati sull’insurrezione palermitana del 1282 contro il dominio degli Angioini, letta in chiave decisamente risorgimentale: l’episodio antico non era più una vendetta di torti individuali ma significativo esempio di ribellione collettiva all’ingiustizia.

In particolar modo si erano occupati dell’episodio il Sismondi (“Storia delle repubbliche italiane del Medioevo”) all’inizio del secolo, e negli anni ’40 Michele Amari nel suo “La guerra del Vespro Siciliano”; anche nell’arte non mancano riferimenti in tragedie, dipinti, balletti e melodrammi ispirati a Giovanni da Procida e agli altri personaggi della vicenda.

In Italia dunque, con piccoli adattamenti e la traduzione di Arnaldo Fusinato, l’opera divenne “Giovanna di Guzman”; così le rappresentazioni del dicembre 1855 al Teatro Ducale di Parma e poi al Regio di Torino, cui seguirono quelle del febbraio ’56 alla Scala di Milano con la traduzione di Enrico Caimi e alla Fenice di Venezia; in seguito per favorirne la circolazione il titolo venne mutato ancora da Verdi in “Giovanni di Sicilia”“Batilde di Turenna”.

L’editore Ricordi potrà stampare l’opera con il titolo della versione italiana definitiva, l’attuale “I Vespri Siciliani”, solo in una Italia appena unificata, a partire dal 1860; come già detto per i “Vespres”, tra “La Traviata” e “Un ballo in maschera” dunque quest’opera è espressione di un Verdi maturo ed ormai totalmente padrone dei suoi linguaggi, musicali e drammaturgici.

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