Il viaggio fra le opere più rappresentative del patrimonio artistico e architettonico Rai giunge al 1990. L’Italia è sotto i riflettori: il nostro Paese ospita i
Mondiali di calcio e le immagini che arrivano in tutti i televisori del pianeta sono quelle della Rai e provengono dall’
International Broadcasting Center, per l’occasione quartier generale di stampa e tv internazionali accreditate (160), inaugurato il 5 giugno a
Saxa Rubra.
La Rai,
host broadcaster dell’evento, è all’avanguardia nella tecnologia e, proprio in occasione dei Mondiali, sperimenta l’alta definizione: l’8 giugno, per la prima volta, un segnale in HDTV, quello della partita inaugurale Argentina - Camerun, viene trasmesso via satellite e proiettato su grande schermo.
Dopo i Mondiali il Centro di produzione di Saxa, costruito su progetto dell’architetto
Roberto Panella, diventa “la cittadella dell’informazione” Rai e nel 2011 sarà ribattezzato
Centro radiotelevisivo Biagio Agnes. Il più esteso tra gli insediamenti aziendali ospita tutte le testate della Rai distribuite in dieci palazzine, con 50 studi televisivi e radiofonici e una popolazione di circa 3 mila addetti fra giornalisti, tecnici e impiegati.
A sancire l’ingresso della Rai in una nuova era negli anni ’90 è il simbolo stesso del Centro, il
Pegaso, un maestoso cavallo alato, in legno e bronzo, trattenuto al suolo da una grossa fune, scolpito da
Mario Cèroli.
Ceroli, nato nel 1938 in provincia di Chieti, ha iniziato la sua carriera a Roma negli anni ‘60, nel periodo della Pop Art: artista eclettico, scultore, disegnatore, architetto, pittore e scenografo, ha saputo trasformare un materiale grezzo come il legno in opere d’arte di grande bellezza.
Nel documentario di
Rai Cultura Mario Ceroli si racconta, muovendosi fra le sue opere, lo scultore sottolinea come la sperimentazione dei materiali sia per lui fondamentale nel percorso di ricerca e crescita artistica e come i suoi cavalli, in legno e in bronzo, siano simbolo di aspirazione alla conquista e alla libertà.
Molte sono state le letture della sua scultura di Saxa Rubra: per alcuni il cavallo alato lotta eroicamente per liberarsi da ogni vincolo e volare in alto, per altri un ruolo importante riveste la fune, che evidenzia l’importanza di tenere legata al mondo la forza vitale del Pegaso…
D’altra parte,
come abbiamo visto, anche il
Cavallo di viale Mazzini, opera di
Francesco Messina, ha da sempre suggerito visioni molto diverse: oggi viene usualmente chiamato Cavallo morente, quando invece era stato concepito dal suo autore come un cavallo ferito, che cerca di rialzarsi per riprendere a lottare con vigore ed energia.
Interpretazioni diverse in un percorso comune: anche i due cavalli della Rai, morenti o rampanti, perdenti o vincenti, possono essere visti come tasselli di quel complesso mosaico che racconta, anche attraverso l’arte, l’evoluzione di un’azienda in un mondo che si trasforma tra passato e presente, classico e pop, bianco/nero e colore, antenna e parabola, analogico e digitale, Sd e Hd…
Per ricordare l’atmosfera di Italia ’90, vi proponiamo
la sigla delle trasmissioni Rai dedicate ai Mondiali, sulle note di Notti magiche, e un frammento che illustra la macchina produttiva per le
riprese delle partite, con la testimonianza del regista
Enzo De Pasquale.
Per approfondire gli aspetti tecnici dedicati alla sperimentazione dell’Alta Definizione vi suggeriamo la lettura del numero speciale della rivista
Elettronica e Telecomunicazioni, realizzata dal
Centro Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione della Rai.