VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Il rapper Momhood mostra il trofeo come vincitore del 69° Festival di sanremo

Il vecchio e il nuovo di Sanremo

di Guido Barlozzetti

 

Che cosa lascia questo Sanremo 69? Polemiche anzitutto. Come non accadeva da anni, e quindi si potrebbe dire che fosse ora. Finalmente! Un po' di sale come accadeva nelle stagioni d'antan, quando Bobby Solo senza voce cantava in playback e Benigni saltava sul palco e baciava chi gli capitava a tiro.

Si è chiuso il Festival tra i lamenti, un poco scomposti in verità, di Ultimo che era sicuro di arrivare primo secondo i dati del televoto, è invece si è visto superato sul filo di lana da Mahmood, trainato dal voto della sala stampa e della Giuria d'Onore.

Da lì un profluvio di botte e risposte, sul meccanismo del voto, sulla vox populi e la competenza, sulle manipolazioni e le manine occulte... al punto da coinvolgere il Palazzo della Politica e riempire per qualche giorno i salotti dell'intrattenimento televisivo.

Ma le acque si sono calmate, con la stessa rapidità con cui si erano agitate. E allora la pace restaurata consente di dare un'occhiata meno frettolosa alla settimana del Festival.

Sanremo, lo sappiamo, è una cerimonia nazional-popolare, una delle ultime a resistere. Fa ancora milioni di spettatori, per Rai1 continua a essere una boa decisiva nella rotta annuale del palinsesto, una sorta di architrave della programmazione che può fare la differenza nella stagione degli ascolti.

Anche quest'anno i milioni ci sono stati, qualcosa in meno rispetto al passato. Perché? A fronte dei tanti che si sono riuniti di fronte alla tv, qualcuno è venuto meno e i motivi possono essere diversi. Perché la tv generalista arretra, ma lentamente come i ghiacci dell'Artico. Perché Claudio Baglioni era al secondo anno di direzione e, si sa, una conferma è sempre più difficile dell'esordio. E perché, forse, l'amalgama del trio sul palcoscenico non è stato così sintonico, caldo, fluente, come si sarebbe potuto immaginare. Baglioni, Virginia Raffaele e Claudio Bisio. Ognuno ha fatto la sua parte, ma con l'impressione che restasse un attrito nel congegno, che i tre stessero insieme sul palco dell'Ariston, ma con la freddezza di una distanza. Impegnati volenterosamente, i loro giochini, a due, a tre o con l'ospite di turno restavano un po' per aria, senza accendersi con la scintilla imprevedibile e sorprendente che il pubblico si aspetta. Un copione, insomma.

E le canzoni? Dovrebbero essere loro le protagoniste di un Festival dedicato alla Canzone Italiana. E guardando ai critici, si trovano giudizi di apprezzamento della qualità complessiva delle proposte.

D'altronde, difficile sostenere che l'impianto spettacolare del Festival le costringesse in una condizione accessoria, un pretesto per fare altro. No, le canzoni sono state al centro di Sanremo, con luci abbaglianti e orchestre imponenti. Sarà il tempo a decidere cosa ne resterà, se sopravvivranno all'effimero di una competizione e diventeranno memoria. In un tempo che consuma tutto a velocità supersonica e in cui abbondano i game-show musicali, quelli che - va ricordato - ormai alimentano per gran parte la schiera dei protagonisti del Festival.

Però un'impressione rimane: di una doppia faccia, ciascuna delle quali non ha comunicato come avrebbe dovuto con l'altra, messe insieme, ma senza una condivisione, uno scambio, un riconoscimento reciproco.

Da un lato, queste canzoni rappeggianti, con giovanotti più o meno calati nella parte, variamente arrabbiati e protestanti, riuniti in una nenia trasversale, legata all'attualità e ai suoi cantori. Dall'altra, le Superstiti. Tutte, sarà un caso al femminile, di una canzone che non c'è più, storiche divine della musica leggera nazionale, che hanno segnato epoche, hanno fatto moda e stile. Dico di Ornella Vanoni, Patty Pravo, Loredana Berté... E dico anche di Pippo Baudo, venuto a officiare il revival di se stesso, da nume tutelare di un Festival che più di ogni altro l'ha visto presentatore.

Due mondi separati. Il prima e il dopo, l'antico e il nuovo.

Sono salite sul palco le Signore, nella nudità dei loro anni e di questo gli si sarebbe dovuto riconoscere l'onore. Si sono esibite e sono state esibite.

Non è un caso che gli appalusi più convinti del Teatro Ariston siano andati a Loredana Berté, quando il computo dei voti l'ha esclusa dai tre che si sarebbero contesi la vittoria.

Negli applausi c'erano anche quelli degli spettatori tv, quella di una volta che, miracolosamente e con gli alieni della nuova generazione, come un revenant fa rinascere Sanremo.

 

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