VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

25 aprile, Anniversario della Liberazione

di Guido Barlozzetti

 

Il 25 aprile del 1946 il Re Umberto II, ancora principe e luogotenente del Regno d’Italia, su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi emanò un decreto luogotenenziale che annunciava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.

Passano quattro anni e nel 1949 il 25 aprile viene riconosciuto stabilmente come anniversario della Liberazione.

In quella data, nel 1945, il CLNAI, Comitato Liberazione dell’Alta Italia, aveva invitato le forze partigiane a insorgere contro il nemico nazi-fascista, anticipando per quanto possibile l’avanzata da sud degli Alleati. La parola d’ordine lanciata era “Arrendersi o perire!”.

In pari tempo, il Comitato di cui facevano parte Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, assumeva “Il potere in nome del popolo italiano e quale delegato del governo italiano” e stabiliva la pena di morte per tutti i gerarchi fascisti. Tre giorni dopo Benito Mussolini veniva giustiziato in circostanze mai definitivamente chiarite a Giulino di Mezzegra e il corpo veniva esposto a Piazzale Loreto di Milano.

La seconda guerra mondiale finiva e l’Italia iniziava una nuova fase dopo i vent’anni del fascismo, inaugurati con la Marcia su Roma nel 1922, perfezionali con le Leggi Speciali del 1925, dopo l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti: un regime totalitario che aveva riorganizzato la società italiana, ponendo fine ai governi liberali e dopo un biennio rosso (1919/21) che aveva preoccupato i poteri economici e innescato una reazione violenta e squadrista, nella quale era emerso leader indiscusso il già direttore de L’Avanti, Benito Mussolini.

Quella parabola, corporativa, ipernazionalista, antipartitica, autarchica, aveva portato alle Leggi razziali del 1938 e poi alla discesa in campo nella guerra mondiale, il 10 giugno del 1940 accanto al regime nazista di Adolf Hitler, contro la Francia e l’Inghilterra.

Guerra che subito dimostrò grandi carenze e difficoltà per l’esercito italiano, in Grecia, nell’Africa settentrionale con la disfatta di El Alamein e in Etiopia. Problemi che via via si acuirono - il 10 luglio del 1943 gli Alleati sbarcavano in Sicilia - e portarono lo stesso regime fascista a interrogarsi sulla continuità del conflitto e il ruolo di Mussolini, con l’esito del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 in cui Mussolini venne estromesso dal governo. Pietro Badoglio diventa capo del governo e l’8 settembre firma l’armistizio di Cassibile, dopo aver lasciato Roma con il Re Vittorio Emanuele III ed aver spostato l’esecutivo a Brindisi.

La guerra continua, gli Alleati avanzano verso Nord, inizia la Resistenza dei partigiani, mentre Mussolini chiama all’ultima raccolta dei fedelissimi nella Repubblica Sociale di Salò.

Tutto precipita in quell’inizio di primavera del 1945, l’avanzata di americani e inglesi, i partigiani che scendono dalle montagne, i nazisti che si ritirano… il 25 aprile con la decisione del CLNAI di proclamare l’insurrezione armata. La guerra finisce e un anno dopo l’Italia con il Referendum del 2 giugno 1946 diventa Repubblica.

Quello che siamo ancora oggi.

Sono passati quasi settantacinque anni e la Festa istituita per tutti gli Italiani ha visto nascere atteggiamenti che ne hanno messo in discussione il valore e la rappresentatività. Nell’asprezza della controversia politica fra destra e sinistra, il 25 aprile per alcuni è diventato paradossalmente la Festa degli uni contro gli altri. La celebrazione della Resistenza – che ebbe un ruolo importante, ancorché con contraddizioni interne, perché rappresentò l’opposizione a un regime e alla deriva della guerra, – è stata presa in una polemica che spesso l’ha ridotta a festa di parte, all’interno di una riconsiderazione dell’esperienza del ventennio e della stessa Repubblica di Salò, e di governi che hanno coinvolto posizioni che, con differenze e distinzioni, si rifacevano a quell’esperienza.

Anche gli storici si sono divisi. Renzo De Felice è stato lo studioso che ha raccontato, dall’interno, il fascismo e Mussolini, spiegandone e contestualizzandone le ragioni, mentre Claudio Pavone ha parlato di guerra civile, dando un riconoscimento a tutti coloro che vi furono coinvolti, ma tenendo fermo il paletto di chi si schierò per la democrazia (anche se con una parte che guardava al comunismo staliniano) e chi per un regime totalitario.

Oggi, il Presidente della Repubblica Mattarella depone una corona d’alloro all’Altare della Patria e, subito dopo, si reca a Vittorio Veneto, città emblematica di una battaglia che, tra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918, concluse vittoriosamente la prima guerra mondiale.

 

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