LA LEGGENDA DEL GRANDE TORINO

La formazione del Grande Torino in posa prima di un incontro

 

La tragedia di Superga

di Guido Barlozzetti

Il tempo fu decisivo per decidere del destino di quell’aereo che, il 4 maggio del 1949, si apprestava ad atterrare all’aeroporto di Torino. Aveva comunicato di volare a circa 2000 metri di quota e che in venti minuti sarebbe arrivato. Da terra gli avevano dato il meteo minaccioso e pieno di rischi: nebulosità intensa, raffiche di pioggia, visibilità scarsa, nubi a 500 metri.

Veniva da Lisbona, aveva rinunciato a scendere a Milano e a Genova e aveva preferito spostarsi su Torino. Alle 17.05 l’aereo, un trimotore Fiat 212 Elce, si schiantava sui muraglioni che fanno da contrafforti nella parte posteriore della Basilica che sormonta la collina di Superga. A bordo c’era la squadra del Grande Torino, con il tecnico e gli accompagnatori, tre giornalisti e l’equipaggio. Trentuno persone che non si salvarono.

Quel disastro è rimasto nella storia che confina nella leggenda, sono passati settanta anni e lo ricordiamo come La Tragedia di Superga e da allora, in quel giorno, il popolo torinista con le bandiere granata orgogliose e a lutto si raduna sulla collina per ricordare e onorare la memoria di una squadra che fu detta Grande per i traguardi che aveva raggiunto e per la qualità tecnica e umana dei suoi giocatori. Il Grande Torino, dal 1942/43, aveva messo in fila cinque scudetti e per tutti quegli anni non aveva mai perso una partita in casa, lasciando agli avversari solo 8 punti. Così forte da coincidere quasi con la Nazionale, al punto da schierare dieci giocatori su undici nel match giocato l’11 maggio del 1947 contro l’Ungheria di un giovane Puskas e vinto per 3 a 2. Morirono giovani, avevano vinto tanto e tanto avrebbero potuto continuare a vincere.

Vanno ricordati i nomi di quella squadra, assurti a eroi invincibili come accade quando un destino imprevedibile recide una radice giovane, valorosa e piena di speranze. Come fa il capitano del Torino nel giorno dello schianto chiamandoli uno ad uno, come in un appello che non vuol cedere all’ineluttabilità della morte. Erano Valerio Bacigalupo, Romeo Menti III, Franco Ossola, Danilo Martelli, Giglielmo Gabetto, Ernesto Castigliano, Dino e Aldo Ballarin, Mario Rigamonti, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Rubens Fadini, Roger Grava, Giuseppe Grezar, Emile Bongiorni, Julius Schubert, Piero Operto e il capitano Valentino Mazzola.

Con loro c’era il direttore tecnico Egri Erbstein, lo staff del Torino e i giornalisti Remato Casalbore, Renato Tosatti e Luigi Cavallero. Tornavano da una partita amichevole giocata a Lisbona contro il Benfica in onore di Francisco Ferreira, capitano dei lusitani e della nazionale.

Sulle cause della Tragedia non sono mai state raggiunte certezze. Forse la potenza del vento che spostò l’aereo dalla sua rotta o forse un’avarìa degli strumenti che ingannò i piloti sull’altitudine, la collina di Superga raggiunge poco meno di settecento metri.

Nell’Italia che usciva dalla guerra e cominciava un cammino nuovo, il Torino era diventato un simbolo giovane e vincente di forza e italianità. Forse era la squadra più forte d’Europa, anche se allora non c’era l’inflazione di coppe che abbiamo oggi per poterlo certificare. Ma la fama testimonia di un valore che fu impareggiabile.

Non c’era la televisione, i grandi inviati dei giornali, da Dino Buzzati a Indro Montanelli, cercarono di raccontare il dolore e la scena devastata dell’incidente. Leggere quei resoconti ancora commuove e lascia con la tristezza impotente di fronte a un sogno bello e vitale, brutalmente svanito.

 

 

Una squadra che è storia e leggenda

Bacigalupo; Ballarin; Maroso; Grezar; Rigamonti; Castigliano; Menti; Loik; Gabetto; Mazzola; Ossola. Alcune formazioni di calcio diventano delle filastrocche popolari, se lasciano un forte segno nella vita dei tifosi. Questo è stato il Grande Torino di Mazzola. Una squadra talmente forte che lasciato un forte segno in un paese che cercava di riprendersi dalla Seconda Guerra Mondiale. Un tratto di questa squadra lo ha raccontato Gianfelice Facchetti durante la puntata della Domenica Sportiva del 20 gennaio (2 minuti), dove la sfida di ritorno tra Torino e Inter si sarebbe disputata il giorno prima del centenario dalla nascita di Valentino Mazzola, il capitano di quella squadra leggendaria. Uno strano destino collega l’Inter con il Grande Torino. È stata proprio la squadra nerazzurra l’ultima squadra a giocare contro i granata prima della tragedia di Superga, quando l’aereo con a bordo la squadra precipitò nel suo viaggio di ritorno da Lisbona. Altri due fatti collegano il Grande Torino con i nerazzurri. Infatti Valentino Mazzola sarebbe dovuto approdare all’Inter nella stagione successiva. L’accordo con l’Inter era stato fatto, ma l’intervento dei compagni di squadra convinsero il presidente del Torino Ferruccio Novo ad aumentare l’ingaggio al loro capitano. Ma il punto di collegamento più importante riguarda il figlio di Valentino, il grande Sandro Mazzola, che divenne il leader di quella che sarebbe diventata la Grande Inter di Helenio Herrera.

La leggenda del Grande Torino è stata raccontata anche durante la puntata del 3 maggio di UnoMattina (8 minuti), dove le gesta di questa grande squadra è stata raccontata da Marco Franzelli di Rai Sport e dal presidente del Torino Urbano Cairo.

Anche dalla trasmissioni di Radio Rai il ricordo del Grande Torino è stato trattato con grande interesse. Il più importante è stata la puntata del 3 maggio di Radio Anch’io (61 minuti, dal minuto 40) che insieme al giornalista della sede Rai di Torino, Michele Ruggiero, hanno ascoltato la testimonianza dell’architetto Franco Ossola, figlio di uno dei giocatori periti nella tragedia.

La tragedia dove perì il Grande Torino avvenne sulla collina dove padroneggia la Basilica di Superga. Di questa chiesa la trasmissione di Radio3 Le Meraviglie (30 minuti), Carlo Pestelli racconta il luogo che, a partire da quel maledetto 4 maggio 1949, è diventata meta di un pellegrinaggio sportivo.

La leggenda del Grande Torino è stato uno spunto per una puntata numero 183 del programma di Radio2 Pascal (60 minuti), che racconta l’incontro tra due tifosi e il loro idolo e della tragedia di Superga vista dagli occhi di una bambina.

Oltre ai giocatori, il Grande Torino ha avuto altri due protagonisti: il primo è il suo presidente, Ferruccio Novo, per molti versi il primo grande presidente di calcio moderno. Il secondo è il suo direttore tecnico Erno Erbstein, scomparso insieme alla sua squadra. Di questo personaggio, la trasmissione di Radio3 Vite che non sono la tua gli ha dedicato la puntata del 20 giugno 2015.

Che altro possiamo dire del Grande Torino? Le parole migliori le ha scritte Indro Montanelli nel raccontare i funerali che si sono svolti due giorni dopo la tragedia: “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto «in trasferta»”.

 

 

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