VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

VITE E FATTI MEMORABILI (ALMENO PER ORA)

Il ginocchio di Minneapolis

di Guido Barlozzetti

 

Il 25 maggio a Minneapolis, nello stato del Montana, nel nord degli Stati Uniti, un agente di polizia, Derek Chauvin, premendo il ginocchio sul collo di un uomo disteso a terra per un controllo ne ha determinato la morte. L’uomo si chiamava George Floyd era un afroamericano. La scena è stata ripresa da telecamere e dai telefonini di chi si è trovato ad assistervi.

E’ entrata immediatamente nel circuito della rete ed ha imposto all’attenzione del mondo la sua brutalità insensata e omicida. Sull’onda dell’emozione e della rabbia che ha provocato, l’America è stata scossa da proteste che in alcuni casi sono andate fuori controllo, sul confine fra manifestazioni pacifiche e infiltrazioni di movimenti estremistici, con la polizia anch’essa divisa tra la repressione e un atteggiamento più equilibrato e meno emotivo. Morti, feriti, devastazione, la stessa Casa Bianca cinta dall’assedio della protesta. Il Presidente Trump ha minacciato di ricorrere all’Insurrection Act che consente di far intervenire l’esercito, sollevando ulteriori, aspre polemiche.

E’ un’immagine sconvolgente quella che arriva dall’America. Sconvolge la scena della morte di un uomo che viene fermato dalla polizia, l’uomo non manifesta comportamenti aggressivi, reagisce blandamente all’intervento degli agenti che gli mettono le manette, fino a quando interviene Chauvin che lo costringe a distendersi a terra accanto a un’auto, si piega su di lui e con un ginocchio spinge sul collo. Si sente il lamento che dell’uomo che dice di non riuscire a respirare, I can’t breathe, mentre i colleghi di Chauvin guardano o si muovono con totale indifferenza. La scena va avanti e non cambia fino a che George Floyd perde coscienza e quando arriva l’ambulanza non c’è più nulla da fare. Floyd aveva 46 anni, faceva il buttafuori, ma con il coronavirus aveva perso il lavoro. Era andato in un negozio dove aveva pagato con una banconota falsa di venti dollari e il cassiere aveva chiamato la polizia. In pochi minuti un reato banale e una nemmeno evidente resistenza a un pubblico ufficiale si è trasformato in un omicidio. E adesso l’America esplode al grido di black lives matter, le vite dei neri contano.

Non è la prima volta che in America si verificano situazioni in cui la polizia eccede brutalmente nei confronti della popolazione nera. E’ successo in passato che ci siano stati pestaggi e violenze che hanno portato alla morte dei fermati, due recenti: Ahmud Arbery in Georgia stava facendo jogging quando in tre, fra cui un poliziotto lo hanno fermato e nella convinzione che fosse un ladro lo hanno preso a fucilate, e Brionna Taylor in Kentucky, un’assistente ospedaliera, la polizia gli entra in casa a caccia di un sospetto che era già stato arrestato altrove e gli spara. Ma il veleno del razzismo bianco scorre da tanto, fa parte della stessa storia americana, basti solo ricordare la sanguinosa Guerra Civile 1861/65 che certo ebbe una costellazione complessa di motivi fra i quali però molto ebbe a pesare la questione dello schiavismo a cui erano sottoposti i neri nel Sud della Confederazione. E solo per tornare indietro e dare il senso di questa endemica frattura che torna a riemergere con drammatica frequenza e intensità, va ricordato il pestaggio che subì a Los Angeles Rodney King nel 1992, un tassista afroamericano che non si era fermato a un posto di blocco. L’assoluzione degli agenti portò a scontri che causarono più di sessanta morti e devastarono la parte meridionale della città.

In quella occasione fu richiesto l’intervento dell’esercito, quello che il Presidente Trump ha invocato in questi giorni, parlando anche di “terrorismo” a proposito delle proteste che si stanno verificando. Dunque, una ferita non rimarginata nel corpo degli States, certamente aggravata dall’epidemia e dagli effetti ancora più pesanti sugli strati meno difesi e più poveri della popolazione. Nelle proteste è stata segnalata anche la presenza ambigua e provocatoria di estremisti, sia di sinistra, sia delle organizzazioni suprematiste bianche, come i Boogaloo Boys anti-sistema, populismo sfrenato e liberismo a oltranza, discriminazione razziale e uso delle armi.

Naturalmente, bisogna sempre contestualizzare e avere il senso delle proporzioni. Ma è un fatto l’attivismo violento di questi movimenti radicali che si pongono al di là dello schieramento alt-right, la destra americana alternativa al tradizionale conservatorismo repubblicano. L’emergenza che in America ha causato centomila morti sta funzionando da detonatore, radicalizza le posizioni, marca diseguaglianze drammatiche e si riverbera con grandi e inquietanti punti interrogativi sulla contesa per le elezioni presidenziali di novembre.

 

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