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Zuppa di Erbe

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LA ZUPPA DI ERBE

Questo semplice piatto appartiene alla cucina popolare dell’Alta Valle del Savio, zona della Romagna che fino a circa ottant’anni fa apparteneva alla Toscana, dove l’aroma del finocchio selvatico rientra in diverse preparazioni tradizionali.
E' la zuppa ottenuta dalla bollitura di semplici erbe di campo con patate e finocchio selvatico. “Mangia che ti fa bene” diceva la nonna che conosceva il valore nutritivo di questo antico “multivitaminico”.
Le erbe, tutte raccolte con sapienza nei campi come un tempo, possono variare a seconda del momento, ma normalmente sono impiegate alcune varietà selvatiche di cicorie (radicchio selvatico, ragaggiolo, tarassaco, ecc.) unitamente al rosolaccio (papavero prima della fioritura) l'aspraggine e alla cicerbita (crespigno), queste ultime utilizzate per attenuare l'amaro delle cicorie.


LA RICETTA DI GIULIANA SARAGONI

INGREDIENTI:
(per 4 persone)



PROCEDIMENTO:
Lavare le erbe raccolte nei campi, lavarle abbondantemente e tenerle in acqua con un po’ di amuchina o bicarbonato per la disinfezione.
Pelare le patate e tagliarle a pezzi grossi.
Versare  l’olio in una casseruola e farlo scaldare. Aggiungere e far imbiondire la cipolla tritata.
Unire le patate tagliate, le erbe sgocciolate, il finocchio selvatico e cospargere col sale grosso.
Aggiungere poi l’acqua e far bollire per circa 10 minuti aggiustando di sale e pepe.
Rimescolare il tutto aggiungendo acqua se occorre fino a ricoprire abbondantemente il contenuto.
Portare a bollitura a fiamma alta per poi proseguire la cottura a media fiamma per circa due ore aggiungendo di tanto in tanto acqua.
A fine cottura lavorare il composto con mixer per frantumare finemente anche il finocchio selvatico e servire in un piatto fondo con un pugno di dadetti di pane casereccio tostato , un giro di olio (una “croce d’olio”, si diceva un tempo, a sottolineare la parsimonia con cui si usava e la “religiosità” che si attribuiva a certi prodotti ritenuti preziosi)  ed un ciuffetto di finocchio selvatico al centro.


IL TOCCO DELLO CHEF:

Al posto del pane casereccio Giuliana usa spesso dadini di pasta imperiale (impasto di uova, pecorino, semolino con sale, pepe e noce moscata che compongono un altro piatto tradizionale della festa: la zuppa imperiale). Così facendo da originalità e nobiltà alla “zuppa povera” in un felice connubio fra due tipi di cucina (una di tutti i giorni e l’altra della festa).

In mancanza delle erbe di campo, frutto spontaneo della natura e legate alla stagionalità, si può attingere al mercato degli ortaggi coltivati quali la cicoria catalana, altri tipi di radicchi, spinaci, ecc... Il risultato è ugualmente piacevole ma si perde l’unicità dei “sapori” propri di queste erbe spontanee.

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