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I programmi di (none)

La buona novella

Le canzoni di Fabrizio De André si intrecciano con i brani dei Vangeli


















Lo spettacolo è una sorta di Sacra Rappresentazione contemporanea che alterna e intreccia le canzoni di Fabrizio De André con i brani narrativi tratti dai Vangeli Apocrifi a cui lo stesso De André si è ispirato: dal Protovangelo di Giacomo al Vangelo dell'Infanzia Armeno ad alcuni frammenti dei Vangeli Gnostici. Prosa e musica, perciò, montati in una partitura coerente al percorso tracciato dall'autore nel disco del 1969. I brani parlati, pensati come un racconto arcaico, avranno così la funzione di legare, approfondire e ancor meglio inquadrare e aumentare la forza evocativa e il valore delle canzoni originali, svelandone la fonte mitica e letteraria. Teatralmente lo spettacolo è ambientato in una scenografia completamente bianca: una sorta di limbo, una caverna di carta che accoglie e contiene i nove strumentisti, i quattro solisti e il piccolo coro. La scansione visiva è data da giochi di proiezioni ispirati per la parte cromatica all'opera pittorica di Osvaldo Licini, mentre per le sagome e le strutture legate ai giochi d'ombra si farà riferimento alle suggestioni ricavate dalle installazioni dell'artista Christian Boltanski. Protagonisti di questa rielaborazione saranno 4 attori/cantanti di grande prestigio e talento: Claudio Bisio, nel ruolo del narratore; Lina Sastri nella parte di Maria adulta; Leda Battisti nel ruolo della giovanissima Maria e Andrea Ceccon nel ruolo di Tito, il ladrone; il gruppo vocale de Le Voci Atroci sarà il coro. Per l'elaborazione musicale si è pensato a una figura significativa nel gruppo dei giovani compositori contemporanei di musica colta. La scelta è caduta su Carlo Boccadoro, compositore e strumentista leader di Sentieri Selvaggi, gruppo che lo affiancherà anche in questa produzione in un ensemble formato da pianoforte, percussioni, flauto, clarinetto, arpa e quartetto d'archi. La regia e la drammaturgia dell'operazione è affidata a Giorgio Gallione, anche ideatore del progetto. Tra le produzioni di De André, La buona novella assume un significato particolarissimo. Di taglio esplicitamente teatrale, costruita quasi nella forma di un'opera da camera, il disco è il primo concept-album dell'autore, con partitura e testo composto per dar voce a molti personaggi: Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo. Ed è proprio da questa base che prende le mosse la versione teatrale. "Compito di un artista credo sia quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo, usando però gli strumenti dell'arte: l'allegoria, la metafora, il paragone". Questa dichiarazione di De André racconta come l'autore si sia posto, in tempi di piena rivolta studentesca, nei confronti di un tema così delicato e dibattuto sia dal punto di vista politico che da quello spirituale.Con La buona novella De André lavora certamente a un'umanizzazione dei personaggi, i protagonisti perdono sacralità. Ma questa traduzione cantata dei temi degli Apocrifi è fatta con grande rispetto etico e religioso. La valenza rivoluzionaria della riscrittura sta più nella scelta di un non credente che decide di affrontare un tema così anomalo per quei tempi che nei contenuti o nel taglio ideologico, che solo a tratti diventa iconoclasta o attualizzante. Così le ricche e variegate suggestioni immaginifiche, fantastiche e simboliche degli Apocrifi sono spesso ricondotte a una purezza quasi canonica, e talvolta traspare la sensazione che esista la sconvolgente possibilità che in Gesù umanità e divinità abbiano un qualche modo convissuto. C'è in sostanza un percorso parallelo nella interpretazione di De André; da una parte una innata tendenza a mettere in discussione tutto ciò che appare codificato, dogmatico o tradizionale, dall'altro una scelta di fondo che gli fa preferire in molti passaggi e differenti versioni degli Apocrifi sempre la scelta nobile, matura e ricca umanamente.La drammaturgia aggiunta, recitata da Bisio e talvolta pure dalla Sastri completa narrativamente il viaggio di De André: racconta l'antefatto de L'infanzia di Maria, svelandone la sua origine anche questa 'miracolosa' e riempie il vuoto che va dalla nascita del Cristo al momento dell'accusa, del giudizio e della Crocifissione. In questo caso i 30 anni e più di infanzia e vita di Gesù sono sintetizzati in un lungo racconto che ci svela un Cristo bambino stizzoso, impulsivo e intrattabile, che si serve dei suoi poteri anche per gioco gratuito e per esibizionismo, sia quando resuscita e poi fa tornar morto un bimbo caduto da una terrazza per farlo testimoniare a sua discolpa. Un'operazione perciò complessa, attenta e delicata, che reinterpreta, reinventa e in qualche modo completa il percorso di De André, trasformando La buona novella non solo in un concerto, ma in uno spettacolo completo, riproposto musicalmente nella sua versione integrale (nel disco, ad esempio, alcune parti narrative furono tagliate per motivi di spazio), recitato, agito e cantato da una compagnia di attori - cantanti e musicisti che penseranno l'opera di De André come un ricchissimo patrimonio che può comunque ben resistere, come ogni capolavoro, anche all'assenza, alla qualità e alla impareggiabile interpretazione del suo creatore.
L’adattamento musicale è di Claudio Boccardo la drammaturgia e regia teatrale di Giorgio Gallione

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