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Il mestiere del costruire

L’architetto, l’ingegnere il capo mastro e l’artigiano l’arte del costruire


















Il mestiere dell’architetto, dell’ingegnere ma anche del capo mastro e dell’artigiano. In Italia, il paese più antropizzato dell’occidente, quello dove da sempre si vive in mezzo al segno dell’uomo”. Philippe Daverio indaga il rapporto storico delle discipline architettoniche e ingegneristiche con la committenza, la società, l’economia, l’arte, la politica in un percorso storico artistico per ritrovare il senso che queste discipline hanno avuto nel passato e per delinearne uno presente e futuro.
 
L’architettura è cosa nostra: di noi che crediamo che sia una sfida all’eternità.  E non solo per celebrare il potere ma per esaltare il singolo, come quella tomba del fornaio nascosta dietro alla porta Maggiore di Roma; un signore che fece i soldi con le forniture militari e che è passato fino alla nostra sensibilità d’oggi…”.  Inizia così il percorso dell’architettura; quella che sfida i secoli, quella che Roma esporta ovunque, e che nell’ epoca imperiale è frutto perenne di collaborazione fra progetto estetico e abilità ingegneristica dell’equilibrio delle masse. Daverio traccia una linea che percorre il divenire del mestiere. Una linea che passa per la Francia Gotica del medioevo e poi torna in Italia, dove l’architetto nasce artista. Un esempio per tutti: Giotto, che nel ciclo superiore di Assisi dipinge l’architettura e poi a 67 anni fa il capomastro a Firenze per il campanile di Santa Maria del Fiore.  
 
Attraverso progetti urbanistici e capomastri del ‘300, si approda alla “mutazione” di alcuni personaggi centrali: il caso Brunelleschi, l’orafo artigiano che si fa ingegnere; l’intellettuale artista Michelangelo, quello che lascerà un segno da copiare. Poco dopo a Roma trionfa Bernini, in una urbanistica coraggiosa e rinnovata, e trionfa il barocco e la pompa magna della corte papale, che penetra la Francia con il gusto del rinnovato decoro. 
 
Ma poi il mondo moderno si fa neoclassico. Nascono i primi dell’800 le facoltà di Architettura e Ingegneria. La differenza fra le due professioni è quella fra Leonardo e Michelangelo. Leonardo è aristotelico, osserva per scoprire. Michelangelo all’opposto è neoplatonico: reputa che tutto esista nel mondo delle idee e che il lavoro consista nel dare loro la forma più consona. Forse questa distinzione fra architetti e ingegneri esiste tuttora, se dalla parola ingegnere deriva quella inglese di engin, il motore, e quella francese di engin col quale si definisce ogni marchingegno. L’Italia postunitaria combina costantemente le due professioni: ne è bell’ esempio la passione per le varie Gallerie, dopo quella di Milano, quella di Napoli e Roma. Il ferro trionfa. Simbolica la mole Antonelliana 1863, dove la struttura ingegneristica di sostegno serve a raccogliere il campionario delle architetture. 
 
E poi, succede il fattaccio. L’Italia vede crescere le città e agli architetti e ingegneri si sovrappongono i costruttori. Nasce la terribile cultura del palazzinaro.  Ma il Paese reagisce ancora e nasce la Terza Roma. Lo stile diventa italiano da Milano a Palermo…  e col dopoguerra e la condanna del fascismo avviene un bizzarro equivoco: l’antifascismo diventa anti architettura. E il palazzinaro gode. Certo rimangono alcuni esempi clamorosi negli anni della ricostruzione, principalmente a Milano: la torre Velasca BPPR,  il grattacielo Pirelli, lo splendido lavoro di Moretti condannato alla damnatio memoriae perché compromesso col regime defunto.
 
In realtà l’energia creativa degli architetti prende la strada del design. Mentre gli ingegneri hanno la fortuna della gloria nel costruire la sublime autostrada del sole.
E poi inizia il risveglio. Negli anni ottanta Aldo Rossi si trova a reinventare il teatro di Genova.  Il matitone americano di Skidmore, Owins and Merril è uno dei primi interventi stranieri. E farà scuola … oggi a Milano lo studio Pey di New York ha appena lasciato il segno dei  nuovi edifici.  La città vanta i  nuovi quartieri di Gregotti, Fuksas, Zucchi, e Botta da una bella botta di vita a Sesto San Giovanni, reinventando la Campari.  A Torino, l’area nuova del Politecnico è estremamente stimolante.
In Italia la crisi è servita a deprimere le proposte immobiliari puramente speculative. L’architettura e l’ingegneria di qualità stanno salvando il settore immobiliare della nostra industria edile. Il futuro non è defunto. L’Italia di nuovo ha classe ma non lo sa.



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