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I programmi di (none)

Michelangelo

Domenica ore 21:15











Come si fa a guardare il David di Michelangelo senza pensare a Firenze. La città che lo ha visto nascere come artista, che lo ha visto combattere battaglie anche politiche, è anche il luogo dove Michelengelo ha lasciato opere d’arte che sono diventate icone delle città stessa. Il documentario ripercorre l’itinerario fiorentino di Michelangelo, dalle primissime opere conservate in Casa Buonarroti (La Madonna della Scala, La Battaglia dei Centauri), la casa museo che Michelangelo non ha mai abitato, alla Pietà Bandini dell’Opera del Duomo, dove l’artista si ritrae, ormai vecchio, nella figura di Nicodemo. 
Fin dalle prime opere, realizzate quando ha appena 16 o 17 anni, si capisce già la grandezza dell’artista: la lezione di Donatello, nella Madonna della Scala, e il vigore dei corpi in movimento, l’aggrovigliarsi delle anatomie, nella Battaglia dei Centauri. Il genio di Michelangelo scultore si ritrova ovunque a Firenze, riprodotto in copia nei gagets esposti nelle bancarelle. Ma le sue opere migliori sono nei grandi Palazzi fiorentini, dal Bargello, tempio della scultura rinascimentale, a Palazzo Vecchio, sede della Signoria dei Medici. E alla Galleria dell’Accademia, dove l’originale del David campeggia al centro di una vasta esedra inondata di luce. E’ la perfezione della scultura Rinascimentale. Questa scultura, il bello ideale, con cui, come ha detto Vasari, Michelangelo eguaglia e supera i modelli della Grecia antica, è introdotta da una scorta d’onore, perché ad accompagnare i visitatori ci sono i Prigioni, che sono il contrario del David, l’omaggio del grande artista al “non-finito”, la testimonianza della sua battaglia con la pietra, per far venir fuori l’idea, che l’artista però non vuole più portare a compimento.E poi la Sagrestia Nuova di San Lorenzo, con le tombe dei Medici, cui l’artista ha lavorato per 15 anni, testimonianza storico-politica, oltre che artistica, di un rapporto, quello col potere, che per un genio come quello di Michelangelo non fu mai scontato.Quindi le due Pietà, quella del Duomo e quella dell’Accademia, le ultime opere di Michelangelo a Firenze, il lascito di un grande scultore che non si stanca di combattere con la pietra e che esprime la sua religiosità più profonda nel soggetto di più forte drammaticità, che lo aveva visto, giovanissimo, affermarsi nella città dei papi.

Domenica 30 novembre
Come è stato detto e scritto, “Roma non sarebbe la stessa se Michelangelo non fosse mai esistito”. Non ci sarebbero le sue celebri opere d’arte che ancora oggi attirano turisti da tutto il mondo (la Pietà vaticana, gli affreschi della Sistina, il Mosè di san Pietro in Vincoli); non ci sarebbero le sue chiese, i palazzi, le architetture (da Santa Maria degli Angeli a Palazzo Farnese e a Porta Pia); e non ci sarebbero i simboli stessi della Roma, laica e cattolica: la Piazza del Campidoglio e la cupola di San Pietro.Il documentario, realizzato in occasione della mostra che sarà inaugurata il prossimo 28 maggio ai Musei Capitolini, indaga sul rapporto tra Michelangelo e la città dei papi. Un rapporto che comincia presto, con l’artista poco più che ventenne (1497) e finisce con la morte di Michelangelo, il 18 febbraio 1564, nella sua casa romana di Macel de Corvi, presso il Foro Traiano. A Roma Michelangelo ha avuto le committenze più prestigiose, ma anche i suoi amori (Tommaso de’ Cavalieri) e le sue amicizie intellettuali (Vittoria Colonna). E Roma è stata teatro di incontri e scontri dell’artista con alcuni pontefici. Incontri e scontri senza i quali alcune delle sue opere più belle non avrebbero mai visto la luce.Il documentario, nella forma di una lunga “passeggiata romana” sulle tracce di Michelangelo, ripercorre le principali tappe di questo rapporto tra l’artista e la città. Con una guida d’eccezione: il Direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci.

La prima opera romana di Michelangelo è la sua unica opera firmata, ma è anche quella in cui Michelangelo rivendica con orgoglio la sua origine fiorentina. E’ un cardinale francese, Jean de Bilhères-Lagraulas, ambasciatore di Carlo VIII presso papa Alessandro VI, a chiamare per la prima volta a Roma il giovanissimo Michelangelo. Il contratto per la Pietà viene firmato il 27 agosto 1498, quando l’artista ha 23 anni. Il papa è allora Alessandro VI Borgia e la Pietà dà a Michelangelo una grande notorietà.Ma il pontefice a cui Michelangelo deve la sua consacrazione come “genio delle arti” è Giulio II Della Rovere. Sono passati circa sette anni dal primo soggiorno romano, quando Giulio II, nel 1505, commissiona a Michelangelo un’opera che non vedrà mai la luce, la tomba stessa del papa, su cui Michelangelo lavorerà per oltre 40 anni e di cui a Roma resta il Mosè, quel marmo di fronte al quale Michelangelo stesso diceva “Perché non parli?”. L’incarico è, sin dall’inizio, fonte di incomprensioni e litigi tra lo scultore e il papa, che nel 1508 affida a Michelangelo la decorazione ad affresco della volta della Sistina, oltre 1000 metri quadri nel cuore dei Palazzi Apostolici. E’ con quest’opera che Giulio II trasforma Michelangelo, da valente scultore qual era, in uno dei grandi maestri della pittura.Sebbene vincolato da un contratto di esclusiva con gli eredi Della Rovere, per lavorare alla Tomba di Giulio II, Michelangelo non rifiutava remunerative commissioni private, come quella per un Cristo risorto destinato alla Chiesa di S. Maria sopra Minerva.Dal 1515 al 1534 Michelangelo è di nuovo a Firenze. Solo dopo vent’anni infatti Michelangelo torna a lavorare per il papa. Nel 1535 Paolo III Farnese gli affida l’incarico di completare la decorazione ad affresco della Cappella Sistina, con un Giudizio Universale destinato alla parete di fondo. Il lavoro vedrà la luce sei anni dopo, il 31 ottobre del 1541. In quell’anno l’artista è nominato “supremo architetto, scultore e pittore dei Palazzi Apostolici”. Ma nel 1538 aveva intanto iniziato la sistemazione urbanistica della piazza del Campidoglio, al cui centro colloca la statua del Marco Aurelio, e per cui progetta la scalinata monumentale, il Palazzo Senatorio e il Palazzo dei Conservatori. E’ in questa occasione che conosce Tommaso de’ Cavalieri.Roma diventa il centro degli affetti e delle attività lavorative di Michelangelo. Appena concluso il lavoro in Sistina, Paolo III lo convince a dipingere nella Cappella Paolina due grandi affreschi dedicati ai santi romani Pietro e Paolo, che saranno conclusi nel 1550. Intanto, morto Antonio da Sangallo il Giovane (1546), Michelangelo è nominato architetto della Fabbrica di San Pietro (incarico che gli sarà confermato da Paolo IV Carafa) e contemporaneamente incaricato del completamento di Palazzo Farnese. Ormai è Roma la città di Michelangelo e romane sono le sue opere di architettura: il progetto per la Chiesa della nazione fiorentina, quello per la Cappella Sforza in S. maria Maggiore, i disegni per Porta Pia e la trasformazione delle Terme di Diocleziano nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Oltre, naturalmente, alla cupola di San Pietro, che Michelangelo non riuscirà mai a vedere completata, perché il 18 febbraio del 1564, a 89 anni, l’artista si spegne nella sua casa romana di macel de’ Corvi, assistito dagli amici più cari, tra cui Tommaso de’ Cavalieri e Daniele da Volterra.

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